-Core
Iceland Airwaves 2017 - Sunday Nov 5

Da qualche giorno ho già immaginato nella testa come finire questo report quindi preferisco partire con le considerazioni finali. Anche quest’anno l’organizzazione di Iceland Airwaves si è dimostrata superba nel reperire le migliori band al mondo, scovare tante novità in grado di fare bene negli anni a venire, curare ogni location al massimo e sopperire all’assenza di tre sale dell’Harpa che storicamente ospitavano numerosi concerti ma soprattutto trattare la stampa con il rispetto e l’attenzione che merita. Da tre anni Suffissocore.com ha l’esclusiva per l’Italia del festival e in questo lasso di tempo non ho mai incontrato il minimo problema per ritirare pass, ottenere fotografie o materiale promozionale, organizzare interviste e contattare colleghi che mi potessero aiutare in caso di più concerti in concomitanza. Ancora una volta il Solo Travelers Group di Facebook, creato da Carmel Evangelista, ha funzionato mettendo insieme tante belle anime unite dalla passione per la musica e per questo magnifico paese. Avere un bimbo piccolo significa lasciare con difficoltà la propria casa, specialmente per così tanti giorni, e quando sono arrivato al fine settimana non vedevo l’ora di essere a casa per riabbracciare lui e mia moglie. Domenica sera però, quando si è trattato di salutare alcune persone ho percepito un forte dolore dentro, un senso di abbandono o comunque di malessere. Difficile separarsi dopo avere condiviso così tanto. Difficile staccarsi da quegli occhi. In fondo, ci ho pensato per tutto il viaggio di ritorno, uno degli aspetti più belli di far parte di quel gruppo è ritrovarsi edizione dopo edizione. Non ci sono dubbi su questo ma stavolta il distacco è stato più doloroso e solo ‘Der Klang Der Offenbarung Des Göttlichen’ di Kjartan Sveinsson ha saputo rimettermi in riga. A chiudere la rassegna ci hanno pensato i Mumford And Sons e una tempesta di neve che ha tolto elettricità alla città per diverse ore, bloccato le strade e costretto molti dei presenti ad utilizzare dei mezzi di trasporto pur di arrivare integri al Valshollin. Ad aprire il pomeriggio del sabato ci avevano pensato Asdfhg e Gyda Valtysdottir, seguiti da EinarIndra al Kaffibarinn, AFK al Quest, RuGl al Loft e ancora gli Hatari, quanto faranno parlare di loro nelle prossime settimane, sempre al minuscolo Kaffibarinn. Dovendo preparare le valigie e salutare in maniera adeguata una persona mi sono perso Lord Pusswhip all’Húrra e mi dispiace perché il suo ultimo singolo non è niente male. Sottolineato in giallo per il prossimo anno. Colpito anch’io dalla tormenta ho chiamato un taxi per recarmi al Valshollin e sono rimasto colpito dalla fila di persone che stava fuori dal locale, incurante delle intemperie e del fatto che mancassero ancora diverse ore al concerto dei Mumford And Sons. In apertura lo show degli autori di ‘Babel’ ci hanno pensato gli Árstíðir, freschi di contratto con Season Of Mist e pronti a pubblicare il nuovo album dopo la collaborazione con Anneke van Giersbergen, e Axel Flovent. I primi, è evidente soprattutto per chi li ha visti esibirsi nelle edizioni precedenti, stanno cercando di rendere la propria musica più circolare e se vogliamo pop, pur mantenendo la coralità degli arrangiamenti. Il secondo è uno degli artisti più noiosi dell’ultima generazione. Non lo avevo apprezzato nemmeno in passato ma vederlo cantare le proprie canzoni con quell’atteggiamento moscio e supponente, seguito a ruota dai musicisti che si porta con sé, è qualcosa di insopportabile. Al momento in cui i Mumford And Sons sono saliti sul palco si è capito subito che la folla era presente quasi esclusivamente per loro e la prima parte di concerto si è assestata su ottimi livelli di intensità e spettacolo con il bassista Ted Dwane e il frontman Marcus Mumford in grande evidenza. Nella seconda parte sono stati sciorinati tutti i singoli che li hanno resi celebri nel mondo e tra qualche coretto e ammiccamento di troppo si è arrivati alla conclusione di ‘I Will Wait’, nel delirio più assoluto. Verrebbe da aggiungere che aspetterei un altro anno per rivedere quegli occhi ma mentirei. Un viaggio in Turchia non me lo leva nessuno. 

- parole di Lorenzo Becciani -