-Core
Iceland Airwaves 2018 - Fri Nov 9

Il Venerdì è notoriamente il giorno più difficile di tutto il festival, vuoi perché le fatiche dei primi due giorni e delle anteprime cominciano a farsi sentire e vuoi perché i dancefloor dell’Húrra e del Kiki Queer Bar infieriscono, fino alle tarde ore del mattino, sui corpi già provati di chi non ne vuole proprio sapere di andare a letto. Team Dreams e Futuregrapher hanno allietato il dopo pranzo e Mighty Bear ha saputo scuotere chi le ha dato fiducia al Dillon con una performance bizzarra. I due protagonisti del pomeriggio sono stati però Arnar Úlfur, accompagnato dalla fidanzata alla Petersen Suite per la promozione dell’album solista ‘Hasarlífsstíll’ che ha in ‘Hvítur Tígur’ la sua hit migliore, e Heiðrik, autore di una prova acustica di grande spessore al Pink Iceland. Nadine Shah ha scaldato il KEX prima della prestazione superba dei Black Midi, un progetto di cui sentiremo parlare parecchio, gli Ylja hanno ben figurato al Canopy e Sigrún ha dato il via alla serata dell’Harpa Floi con uno spettacolo evocativo basato sulle tracce di ‘Onælan’. Quello che però è successo dalle ore venti in poi è difficile da descrivere a parole. Al Gamla Bíó si sono susseguiti Fufanu, Mammút, Agent Fresco, The Voidz e Hatari; al Teatro Nazionale Sólstafir, Sóley, Högni e Olafur Arnalds; all’Harpa aYia, Vök, Scarlet Pleasure e Aurora. Roba da far venire rimpianti e mal di testa a chiunque. Personalmente ho deciso di lasciare i gruppi guidati da Katrína Kata Mogensen e Arnór Dan Arnarson al giorno dopo, ho sacrificato il leader degli Hjaltalín per non impazzire e mi sono lasciato trascinare come un ossesso dalla new wave oltraggiosa degli autori di ‘Sports’, che sono partiti con ‘Nine Twelve’ e ‘200 km/h’ e, una volta rapita l’attenzione del pubblico, hanno sparato un singolo dopo l’altro esibendo le qualità di frontman di Kaktus Einarsson. ‘Hourglass’ e ‘Tokyo’ gli apici di un set micidiale che i presenti si ricorderanno per molto. Siamo al cospetto di una band che si evolve di release in release, da poco è nei negozi ‘The Dialogue Series’, e non accenna il minimo turbamento. La band di ‘Ótta’ e ‘Berdreyminn’ non ha affatto sfigurato in una location convenzionale e pacata come il Þjóðleikhúsið e gli aYia, il loro debutto esce in queste ore, hanno spinto Björk a prendere con sé sei guardie del corpo, quasi più loro che l’intero impianto di polizia dello stato islandese, ed assistere allo show, e poi a quello di Milkywhale. Due tetri individui mascherati e la voce da brividi di Ásta Fanney Sigurðardóttir per un mix tra Nine Inch Nails e Massive Attack che potrebbe scalare presto posizioni nelle gerarchie nazionali. A seguire i Vök, reduci da un tour canadese, sono stati accolti da un’ovazione e hanno presentato i nuovi singoli ‘Autopilot’ e ‘Night & Day’, affiancandoli con intelligenza a classici come ‘Show Me’ e ‘Waterfall’. La loro è una crescita esponenziale ed il successore di ‘Figure’ ci dirà molto sulle possibilità di imporsi anche all’estero come superstar assolute. Mentre Holy Nothing (‘Hypertext’ è davvero un lavoro interessante), Logi Pedro (una delle rivelazioni del momento in ambito r&b) e Julian Casablancas e soci facevano di tutto per non passare inosservati, l’atmosfera si faceva sempre più calda in attesa degli Hatari. Klemens Hannigan, Matthías Tryggvi Haraldson e Einar Stéfansson, dietro alla maschera sadomaso si cela proprio il polistrumentista dei Vök, avevano infatti sbaragliato la concorrenza l’anno passato ed in tanti che se li erano persi si erano salvati la loro performance al Gamla Bíó sulla app del festival, per non cadere due volte nel medesimo errore. Il trio non ha deluso, anzi lo show è diventato ancora più articolato, divertente e potente. Un massiccio uso di synth, voci harsh e dominazione lirica che si contrappongono a melodie dark anni ottanta e giri armonici facili da memorizzare per un impatto scenico da urlo. In attesa di capire se l’EP ‘Neysluvara’ avrà un seguito nei prossimi mesi, gli Hatari hanno imposto le loro regole con sprezzo del pericolo, autorità e consapevolezza nei propri mezzi e quando Klemens, praticamente nudo da inizio concerto, è stato sottomesso davanti a tutti dal teatrale e dispotico Matthías, la folla presente non ha capito più nulla. Un trionfo che ha messo in secondo piano Nanook e Benin City, sfortunati ad essere posti allo stesso orario, e tutte le formazioni che si sono esibite successivamente tra cui Plasi, Surma, Cashmere Cat e Sykur. La stessa Aurora, che ha preso possesso dell’Harpa a tarda notte, è stata offuscata dal clamore suscitato. Il fatto che il set di Olafur Arnalds al Teatro Nazionale sia stato ancora più epico di quello del KEX non ha sorpreso e il live video di ‘Undir’, estratto da ‘Re:member’ e girato da Mark Waters, rende merito ad un artista che non ha eguali in tutto il mondo e ha avuto il merito di avvicinare milioni di persone alla musica classica ed alla sua terra di origine. Altri show che hanno fatto discutere sono stati quelli di DJ. Flugvél & Geimskip, Girl Ray e Sturla Atlas.

Clicca il seguente link per leggere il report del Sabato:

Saturday Nov 10th - http://www.suffissocore.com/portal/special?id=65