So bene di ripetermi ma il senso di libertà che si prova ad alcuni festival esteri è qualcosa di assolutamente inconcepibile per chi finora è rimasto costretto nei propri confini. Di sicuro l’esperienza che si matura ad eventi come Northside è decisamente elitaria. Vale lo stesso per altre manifestazioni che avete imparato a conoscere su queste pagine quali Iceland Airwaves, Sonar o SXSW. Ciò non toglie che prendere l’aereo, visitare luoghi totalmente differenti da quelli che siamo abituati a vedere tutti i giorni, incontrare persone belle dentro, musicisti più o meno disponibili, compromettere la vista a forza di fissare modelle statuarie che scorrazzano mezze nude per l’arena e soprattutto respirare musica per dodici ore il giorno sono sensazioni che ti fanno sentire vivo. Anche soltanto poter parlare del proprio lavoro o degli ultimi dischi ascoltati con colleghi di altre realtà ti fa stare bene. Northside ha un difetto ovvero non è ancora gender-balanced, anche se ci stanno lavorando ed il ruolo delle artiste femminili quest’anno è stato determinante, ma allo stesso tempo ha una grande qualità. Si tratta di un festival pensato per l’ambiente, ecosostenibile in tutto, dall’organizzazione del palco e degli spostamenti all’approvvigionamento energetico, dal materiale a disposizione di chi paga il biglietto alle strutture e addirittura alle vernici che vengono utilizzate all’interno. Per arrivarci non si può prendere l’auto e non esiste parcheggio. Åladen è raggiungibile a piedi, in bicicletta o in monopattino elettrico. Ne troverete a centinaia gratuiti dispersi per la città. Scordatevi cartacce per terra, cestini stracolmi, liquami strani che escono dai bordi delle strade o rifiuti disposti al di fuori dei contenitori appositi. Anche i rumori nei quartieri circostanti sono limitati allo zero. Regna la quiete, una solenne pace che accompagna al ritorno in hotel o appartamento. Naturalmente indisturbati a qualsiasi ora del giorno. L’unico rischio che si corre è quello di farsi investire da qualche bicicletta se per sbaglio si cammina sulla pista ciclabile. Un ambiente che invece di “sopportare” la musica, la supporta. Un ambiente dove si può fare arte, per giovani e adulti, senza dovere scendere a compromessi con la tecnologia e la maleducazione. Aahrus è la seconda città danese dopo la capitale, una città universitaria con oltre 40.000 studenti che la rendono viva e ricca di sorprese ma soprattutto è sede del conservatorio di musica ritmica e di una concert hall che ogni anno viene visitata da 700.000 persone. Per intenderci quelle che da noi sarebbero sufficienti per decretare un numero uno in classifica. Oltre alla parte vecchia, ai magnifici esempi dell’architettura di Arne Jacobsen ed alla cattedrale che domina Stroget, appena arrivati in centro, l’impatto è con due forme di comunicazioni fortissime ovvero la promozione del Gay Pride e l’offerta culturale. Sono arrivato in città un giorno prima del dovuto per avere la possibilità di visitare di nuovo il magnifico museo di arte contemporanea della cittadina danese che quest’estate offre una retrospettiva sul rapporto tra arte e pornografia ed un’altra denominata ‘Far From My Home’, destinate a rimanere impresse nella memoria dei visitatori. Naturalmente uscire da ArOs, dopo aver ammirato l’orizzonte dalla skyline denominata “Rainbow Panorama”, e trovarsi immersi in un giardino, curato nei minimi dettagli, strapieno di giovani studentesse, dedite a leggere un buon libro oppure a decidere come trascorrere la serata, non è fonte di dispiacere. Un piccolo contrattempo con l’hotel fissato dal giornale - in pratica non mi hanno garantito il posto per una notte a dieci giorni dalla partenza - mi ha costretto a rivolgermi ad Airbnb ed imbattermi nel delizioso appartamento di Maja Saaugaard, che deve lavorare per la Puma perché ha la casa piena di materiale tecnico e decine di paia di scarpe. Il mio rinomato senso dell’orientamento è riuscito a farmi perdere anche nei dintorni di Ålborggade, non lontano da Sankt Lukas Church,ma non è andata troppo male e l’alta temperatura non mi ha impedito di camminare per i numerosi parchi fino a tarda sera quando mi sono concentrato prima nella zona della Cattedrale e poi su Jægårdsgade entrambe piene di locali e molto vive. Qualche ora di sonno, lo giuro da solo, e Giovedì mattina ero già pronto per godermi un’altra edizione di Northside ancora memore delle performance di Queens Of The Stone Age, Cigarettes After Sex e The National dello scorso anno. Giusto il tempo di essere scortato nella Press Area, una sorta di villaggio con tutti i servizi possibili a fianco della Artist Area, e ho potuto scambiare due parole con John Fogde, promoter e responsabile della stampa in completo elegante nonostante il caldo torrido. Il completo ha retto per tutti e tre giorni e la mise è rimasta impeccabile anche quando una pioggia torrenziale, fortuna ha voluto di breve durata, si è abbattuta sull’area. Col suo inglese oxfordiano, mi ha chiesto come fossero i festival italiani, dal punto di vista organizzativo e dell’attenzione alla sicurezza, e ho fatto veramente fatica a non mettermi a ridere. Qui ad Aarhus tutto è perfetto. Northside è uno dei festival più avanti al mondo in termini ecologici. I trasporti di giornalisti e artisti vengono effettuati tramite auto elettriche e tutti gli stand sono costruiti in legno o materiale riciclabile. Un amore per il verde che si riflette nelle recenti elezioni che hanno visto la sinistra ecologica sbaragliare la concorrenza e che alle prime dichiarazioni successive al voto non ha parlato di politica, poltrone o destra sconfitta ma di azioni immediate per salvaguardare il futuro dei nostri figli. Dopo il successo della passata edizione, Northside ha confermato la formula dei tre giorni e ha proseguito a muoversi su più territori sonori, con attenzione alle fasce di pubblico più giovani e senza porsi alcun limite. Così si spiegano headliner come Major Lazer, Bon Iver e New Order inseriti in un programma che ha concesso grande spazio per hip hop, elettronica e pop, oltre a puntare su icone del rock quali Alice In Chains e Keane. La nottata tra Giovedì e Venerdì è stata molto lunga ma, dopo una colazione alla Galleria Bruun’s a base di cinnamon rolls - i miei reni ringraziano che la manifestazione non duri più di tre giorni - sono arrivato presto in Søren Frichs Vey incrociando tanti volontari ancora intenti a ripulire l’arena dai coriandoli dei Tame Impala. Gli occhi grandi di Sofie, le labbra di Lydmor e Oh Land, le ragazze della security che fanno fatica a nascondere la loro timidezza quando vengono fotografate ma anche le addette alla sala stampa e il personale dedito ad accompagnare i giornalisti ai vari stage. È davvero difficile non distrarsi al Northside eppure c’è un report da scrivere ed un lavoro da portare a termine. La fatica non si sente, le lunghe distanze percorse a piedi e le avverse condizioni meteorologiche non riescono ad appesantire la mente e soffocare il desiderio di vedere più concerti possibili e conoscere altre anime, quasi tutte bionde, alte e dagli occhi chiari. Anche quest’anno Northside non ha deluso le aspettative, ha portato decine di migliaia persone in una fantastica cornice di verde e le ha trattate come si dovrebbe sempre fare negli eventi di questo tipo. A corredo dei concerti sono stati organizzati una serie di Sideshow (spettacoli burlesque, danze di ogni tipo, esibizioni di giocolieri e mangiafuoco, wrestling nel glitter, bondage e watersports per appassionati di sadomaso..) ed il Silent Party, con i ragazzi che indossavano le cuffie e potevano ballare indisturbati a ritmo di rap e techno Un’atmosfera così bella che tanti ragazzi sono rimasti per ore in tale zona lasciandosi sfuggire alcuni concerti anche importanti. Inutile dire che il trattamento riservato alla stampa è stato di primo livello, Charlotte Frølich è stata molto gentile, nonostante l’ostico schedule, ed il caffè bollente della Press Area è migliorato rispetto all’edizione passata. Un motivo in più per tornarci considerato il fatto che i primi di Giugno è ancora un buon momento per organizzare dei viaggi. Un sentito ringraziamento a Sofie, Lydmor e Alvia per l’ispirazione. Un pensiero anche a Nanna che fai fatica a fissare negli occhi. Ah già, grazie anche alle tette di Tove Lo.