-Core
ICELAND AIRWAVES 2019 WEDNESDAY

La prima bella sorpresa del Mercoledì è stata Madame Gandhi, conosciuta come batterista di M.I.A. e Thievery Corporation e simbolo della Fourth-wave of feminism. La sua performance è stata colorata e piena di energia, in linea con il messaggio di forte dipendenza delle artiste donne che il festival ha inteso trasmettere da qualche anno a questa parte e collocata in maniera intelligente in un salotto dal respiro internazionale come quello del Kex Hostel. Quando si parla di KEXP ormai si parla di un vero e proprio culto della musica mondiale, Kevin Cole è un mito assoluto ed i video che si possono trovare sul sito ufficiale e sul canale YouTube dell’emittente radio sono quanto di più interessante possa esserci per chi desideri avvicinarsi al festival da un’angolazione particolare. Mentre Nathraal e Blóðmör scaldavano il pomeriggio del Dillon, Between Mountains e JFDR tenevano a battesimo l’evento allo Slippbarinn. Le prime sono cresciute tantissimo negli ultimi due anni e se Katla Vigdís Vernharðsdóttir colpisce per la sua voce ed una purezza quasi irreale, Salome Katrin Magnusdottir è uno splendore assoluto e ha sostituito Ásrós Helga Guðmundsdóttir come meglio non si sarebbe potuto immaginare. ‘Little Lies’ e ‘Into The Dark’ i migliori pezzi del loro repertorio. Di ritorno al Kex Hostel ho avuto modo di valutare di persona la bravura dei The Holy, anche dal vivo una realtà tra le più eccitanti della scena finlandese moderna. A quel punto, con la testa e col corpo, mi sono trasferito al Reykjavík Art Museum e ho potuto assistere ad una serie di show da brividi. Le prime a salire on stage sono state le Kaelan Mikla che in tanti indicano tra le rivelazioni islandesi del momento ma che invece sono protagoniste del festival ormai da almeno tre edizioni. Le ragazze terribili amano l’incenso, le luci scure e le atmosfere gotiche che hanno reso celebri Joy Division e Sister Of Mercy ma anche riscontrabili nei lavori di Linea Aspera o Boy Harsher. La fonte d’ispirazione maggiore rimane comunque ‘Rokk í Reykjavík’, il documentario girato da Friðrik Þór Friðriksson nel 1982 sulla scena post-punk e new wave locale, che è stato proiettato al Loft all’inizio della settimana. Il loro ultimo lavoro in studio è tra i piu’ venduti alla Lucky Records ed al 12 Tónar e Sólveig Matthildur Kristjánsdóttir ha intrapreso una carriera solista di primo livello. A seguire è stato il turno degli aYia. Ebbene il sottoscritto non ama le classifiche o titoli trionfali come quelli utilizzati di frequente da altri magazine anche perché il festival è intrigante proprio la sua varietà di stili e proposte. Detto questo, il trio formato da Ásta Fanney Sigurðardóttir, Kári Einarsson e Kristinn Roach a mio parere è stato l’apice sicuramente della prima serata se non addirittura dell’intera manifestazione. Un ibrido tra elettronica, industrial e pop che seduce e spaventa, una voce pazzesca che ti prende dentro e non ti lascia piu’, canzoni come ‘Ruins’ o ‘Water Plant’ che non rispettano una struttura standard e proprio per quello si distinguono nella vastità della produzione locale. Un vero rituale che consiglio a tutti di provare sulla propria pelle. Nemmeno il tempo di riprendersi dallo shock che Orville Peck ha portato anche al freddo ed al gelo le tracce di ‘Pony’. Chi è rimasto travolto dall’epicità e dalla singolarità delle tracce in studio non può che venire stregato dall’immagine globale di un set che punta molto, com’è naturale che sia, su Daniel Pitout, che ricordiamo con i Nu Sensae, ma anche sulla formosa chitarrista Bria Salmena, ex Frigs, ed il resto della band. ‘Queen Of The Rodeo’ e ‘Dead Of Night’ sono state eseguite a volumi enormi ed il pubblico ha risposto in maniera entusiasta. Quando si parla di volumi, di energia o potenza, di folle in delirio o botte da orbi sotto palco, da adesso bisogna per forza riferirsi agli Une Misère. Il loro primo album, ‘Sermon’, è appena uscito per Nuclear Blast e la band guidata da Jón Már Ásbjörnsson è quanto di meglio possiate ascoltare se amate il vero metalcore e non quello caratterizzato da produzioni plastificate e scream ridicoli. In bilico tra Hatebreed e Slipknot, gli islandesi hanno a disposizione delle bombe in grado di deflaglare in qualsiasi momento. Il loro concerto ha costretto la sicurezza ad intervenire più volte e l’impatto su tutto il festival, un pò come accaduto l’anno passato dopo la performance all’Iðnó è stato semplicemente mostruoso. Le altre sorprese della notte sono state Ásta al Hressingarskálinn ed i Morpholith al Gaukurinn.