Credo che coloro non siano avvezzi a certe sonorità e leggano di frequente le mie farneticazioni pseudo-letterarie si siano ampiamente stufati dei continui riferimenti al divino – mi è scappato lo sapevo – Steven Wilson. Pur comprendendo non so trovare soluzione al problema. Nel senso che più passano i mesi e gli anni, più i trend e le bassezze delle case discografiche appiattiscono gli scenari musicali e ancora più che mi arrivano tra le mani nuovi promo, gruppi giovani, realtà tacciate come innovative e così via mi rendo conto che tra le pochissime certezze che abbiamo una è senza dubbio rappresentata dalla genialità del citato musicista/produttore inglese. Il caso ha voluto che i No-Man assumessero un ruolo secondario rispetto ai Porcupine Tree nel suo straordinario percorso artistico. Sicuramente Tim Bowness ne ha sofferto ma ha evidentemente capito che per entrare nella storia non sono necessari per forza i grandi palchi o la celebrità. A cinque anni dalle struggenti atmosfere di "Together We"re Stranger" i due tornano con un disco dallo spessore quasi insostenibile. "Schoolyard Ghosts" è poesia allo stato puro, fughe strumentali improvvise, accecanti bagliori di luminosa commercialità e un incedere tra il malinconico e il solare che accompagna il fluire di otto composizioni uniche. Wilson e Bowness sfidano la psichedelia degli esordi ma anche il dream pop che tanto va di moda di questi tempi e lo fanno contornandosi di una lista impressionante di ospiti illustri. Quello che sorprende è la concretezza di un progetto che finora aveva giocato con la classe dei suoi creatori senza mai tentare di aprire certe porte. Verso l"ignoto, verso la bruciante fama i No- Man vogliono dire la loro..