Soul, idm e house. Gia’ su questi tre termini potremmo parlare per ore. Cosa ti ispirano e quali sono gli ascolti che ti hanno avvicinato a questi generi?
La storia è lunga. Cominciamo dal fatto che non ho mai capito nel mio mondo immaginario a cosa servisse una completa distinzione di generi. L'ho capito quando ho avuto per quindici anni un negozio di dischi. Serviva alla composizione degli scaffali, ed a indirizzare le persone verso lo shopping. Io ho sempre amato la musica in generale se si escludono due generi all'antitesi, il metal e il reggae. Più forse per le mode che scatenano che per un preciso motivo che abbia a che fare con la composizione e il tiro di questo genere di musica. Mi sono fracassato le orecchie con il rock ribelle punk e post punk e poi quello melodico degli anni ottanta e novanta , che tra l'altro iniziava usare elementi elettronici. Tutta la roba noise per sembrare un ragazzo strano, i primi rigurgiti di elettronica nel '93, e quella più classica di Tangerine Dream e Kraftwerk. Nel frattempo frequentavo gli ambienti soul blacksploitation/funk, il jazz la domenica pomeriggio, per distinguermi da una comune domestica, mentre rimettevo in ordine casa.

Nel tuo background c’è anche un grande amore per l’acid jazz ed il funk? Quanto di questi elementi troviamo in ‘Aaron’?
Li porto sempre con me, come il pensiero di mio figlio Aaron a cui ovviamente è dedicato questo lavoretto. Li trovi nell'idea di composizione ritmica, che indirizzo verso il dancefloor, e soprattutto nel basso, lo strumento che ho adottato dopo le maledette lezioni di pianoforte dagli otto ai dodici anni. Poi la voce.

Questo è il secondo album a nome Groove Squared e l’esordio è vecchio di otto anni. Quali sono le ragioni dietro a questa prolungata assenza?
Forse lo puoi capire dalla risposta precedente, ma in realtà è un misto di cose. La prima è che nella precedente occasione, sono stato deluso dal mondo discografico italiano. I feedback all'estero erano buoni e sono stati tutti castrati dalle burocrazie dell'etichetta italiana con cui avevo firmato,e soprattutto dalla poca capacità di osare o investire nel progetto da parte loro. Non partirono collaborazioni con realtà più grandi all'estero per cose che mi vergogno anche di ricordare. Si può riassumere il tutto con ''non riesco a guardare più in la del marciapiede''. L'altra ragione è la nascita di mio figlio. In questo frangente ho avuto paura io, pensando di dover garantire a lui un futuro più solido. Dopo anni di sbattimenti ho capito che se volevo darlo a mio figlio in Italia, dovevo ritornare all'idea di quando avevo cinque anni di fare o il benzinaio , o l'astronauta. Ci tengo a sottolineare che quando metto i dischi, godo più di ogni altra cosa nella vita, forse anche più del sesso!

Questa lunga pausa ti ha portato a rielaborare in maniera superiore i brani oppure ti sei dato una deadline precisa ed era tutto piuttosto chiaro in testa?
Per niente proprio. Alcuni di quei pezzi finiti nell'album erano sul mio vecchio hard disk da sei anni. E' stato l'incontro con la cantante che ha sviluppato tutto alla velocità della luce. Salì ubriaca su un palco durante un mio dj set e, una volta strappato il microfono ed elusa la sicureza cominciò a cantare. Strabuzzai gli occhi e smisi di ridere per la scena. Mi emozionai ed ecco Aaron....

Quanto tempo hai impiegato per comporre i brani e registrarli?
Se facciamo riferimento alla risposta precedente in media tre anni e mezzo. Considera i pezzi rimaneggiati e ripensati, fermi da sei anni, e quelli invece ideati e completati in tre mesi preso dall'entusiasmo.

Quali sono gli strumenti tradizionali che hai utilizzato nelle canzoni?
Un basso ed un mini Moog. Tutto il resto controller e strumentazione virtuale.

A livello di produzione a quali album ti sei ispirato?
Ecco qua la domanda della quale ogni risposta può essere strumentalizzata. Ma io sono paranoico si sa. Ho sempre odiato coloro i quali nelle interviste dicono “mi sono ispirato solo a me stesso” come gli Strokes. Ma oggi è il mio giorno e tocca a me a quanto pare. Ti dirò tutto e niente. Ascolto un macello di cose prima di mettere mani ad una tastiera, frullo tutto e poi chiudo gli occhi. Non funziona sempre perchè quando ascolto il risultato il giorno dopo, penso di dovere andare a fare quacos'altro nella vita. A volta invece funziona! E mi sento apposto col mondo e mi dico “bravo hai vinto un mappamondo!”. Per essere più serio, a volte ascoltando la musica ho la tendenza a scomporre i vari strumenti. Cioè ne sento solo uno. Capita che quello strumento mi faccia venire in mente un pezzo.

Prova a recensire ‘Double Gravity’ e ‘Metropolisque’ per i nostri lettori…
Hai sgamato un pezzo nuovo fatto in un mese ed un pezzo fermo da otto anni nel pc, cambiato ventitrè volte! 'Double Gravity' è un balletto elettronico, un esercizio di groove che si allontana e si avvicina. 'Metropolisque' è un idea che mi balenava nella testa ogni volta che mi capita di camminare in una metropoli , dove odori, accenti, frasi e musiche escono ad ogni angolo.

Cosa ti ha spinto a riprendere ‘Love On A Real Train’ dei Tangerine Dream?
A parte che i Tangerin Dream per me meritano l'Oscar a prescindere. Credo che quel pezzo in particolare, sia l'essenza della malinconia che porto dentro da quando sono nato. Quel pezzo mi rende felice così tanto che mi fa sentire fuori dal mondo. Mi fa sperare, mi dà un senso . Quando riuscirò a fare un pezzo così potrò anche morire. O forse l'ho fatto e tra trent'anni qualcuno dirà la stessa cosa di me. Ma scherzi a parte ero piccolo e quando vidi 'Risky Business' e non c'era Shazam , alla scena in metropolitana , in cui Tom Cruise e Rebecca De Mornay fanno i porcellini nel vagone, me ne andai di testa per quel pezzo ed allora cominciai a svuotare gli scaffali di un negozio dei dischi dei Tangerine Dream. Avevo quattordici anni e già mi struggevo.

L'aspetto che più ho apprezzato in 'Aaron' è il desiderio di contaminazione che si evince da ogni passaggio dell'album. Hai sempre avuto un'attitudine di questo tipo oppure si è sviluppata col tempo?
E' sempre una cosa che avviene sistematicamente anche nei dj set. Mi rompo il cazzo a fare sempre la stessa cosa. Il matrimonio con me non poteva durare. Dovevi saperlo..

Sei più affascinato dalla scena elettronica berlinese o londinese? Quanto siamo lontani da quei livelli? E’ solo un discorso di multiculturalità ed incentivi concessi agli artisti?
Entrambe, rispetto e riconosco la grandezza di entrambe. Oggi forse predomina un po' più quella berlinese, ma credo si tratti di un ciclo. Alle altre domande non so che rispondere, in tutto il resto del mondo tranne in Italia e alcuni posti della Mesopotamia, la musica è una roba seria.

Ci sono altri artisti elettronici del nostro paese che a tuo parere competono con quanto proviene dall’estero?
Sì ma vivono tutti all'estero. Io vorrei rimanere qua. Mi piace il mio paese ma so che la festa è altrove

Cosa puoi dirci delle esperienze in discoteche come l’Underground City e il Be One?
La prima è stata un vero e proprio boom generazionale. Erano i primi vagiti di una scena che era davvero sotterranea. Che si allontanava dalla discoteca classica. Si cominciava a fare la club culture poi è tutto un po' degenerato e da quelle parti è rimasto un po' cosi. Solo che son passati vent'anni ed oggi la club culture è un altra cosa. Infatti della seconda esperienza non ne vorrei parlare. I club oggi sono tutto contenuto di musica, pochi vezzi , poche foto, nessun tavolo, “just dance in front of the artist”! Adesso collaboro assiduamente con un locale che dalle mie parti si sta facendo strada che si chiam Eremo Indie Club.

Elettronica sperimentale ed elettronica da dancefloor viaggiano su binari completamente separati?
Dipende. Orientativamente il pubblico dell'elettronica è capace anche solo di stare a sentire fermo in pista, sia con un bpm rotondo e ricco di groove sia con quello spezzato

Ritieni che ‘Aaron’ possa avere un riscontro maggiore nel nostro paese o all’estero? Su quali mercati punti in particolare?
Direi Europa e Stati Uniti.

Che rapporto hai con la tecnologia? Usi dei software in particolare per comporre? Ti ritieni in qualche modo schiavo delle macchine?
Schiavo è una parola grossa, comunque per produrre uso parecchie macchine virtuali. Dal vivo in base al pagamento del cachet posso portare uno o più strumentisti.