Cosa significa suonare black metal nel nostro paese?
Significa suonare in un paese dove il genere ha radici lontane, basti pensare ai Mortuary Drape, ufficialmente uno dei primi gruppi black metal tout-court a livello mondiale, o agli acts pioneristici dei Death SS fin dagli anni Settanta. L'Italia è anche un paese che in passato ha prodotto della musica di altissimo livello, con una tradizione che si può tracciare in filigrana dalla musica classica fino al progressive rock fra Sessanta e Settanta. E' però un paese che nella scena metal è sempre stato considerato, a torto o a ragione, marginale e provinciale, e l'attitudine profondamente esterofila dei fans italiani non ha certo aiutato a creare un movimento in terra patria, anche se negli ultimi anni molte cose sono migliorate. Non è quindi facilissimo, ma questa è la mia terra e vi suono questo genere da venti anni, non ho motivo di sognare di emigrare in Svezia!

Pensi che si possa circoscrivere una scena italiana estrema? Ci sono gruppi attivi che meritano considerazione all'estero secondo il vostro parere?
Non credo che esista un movimento così forte da attirare l'attenzione ed imporsi a livello internazionale, credo però che si possa circoscrivere un certo tipo di sensibilità italiana nel fare black metal, legata in particolar maniera a tematiche esoteriche/occulte, vedi gruppi come Mortuary Drape, Necromass, Opera IX, Abhor, Black Flame, Handful of Hate e anche noi stessi. Credo che oramai tutti i gruppi italiani che meritino di fare un certo salto di qualità siano riusciti ad emergere a livello internazionale: il riconoscimento in alcuni casi è stato tardivo, in altri casi è stato sottodimensionato rispetto al potenziale della band, ma non è più possibile parlare di sistematica ghettizzazione dei gruppi italiani come avveniva venti e passa anni fa. Se c'è merito, se c'è attitudine, e se si ha la volontà di guardare oltre il proprio naso, la possibilità di farsi conoscere all'estero è ora più accessibile che mai. Nel nostro piccolo, posso dirti che al momento “Chthonian Theogony” sta vendendo più all'estero che non in Italia, e lo vedo come un segnale interessante.

Personalmente vi sentite più vicini alla scena avantgarde norvegese oppure a quella francese?
Sicuramente la scena norvegese ha avuto il suo peso nel nostro periodo formativo, penso a gruppi come Ved Buens Ende, Arcturus, Ulver e In The Woods. Questo anche per motivi anagrafici, dato che mi riferisco a circa 20 anni fa quando la scena avantgarde francese non esisteva. Dei nostri cugini d'oltralpe seguo con interesse il percorso di Blut Aus Nord, alla cui musica mi avvicinai sin dal primo disco, per il resto ho una conoscenza scarsissima, per non dire nulla, del panorama estremo francese.

I Mystical Fullmoon nascono nel '94 e quattro anni più tardi registrano l'ep 'Beyond Somber Passages' per Alkaid Records. Cosa ricordate di quelle registrazioni? E' possibile tracciare un legame tra quella band, con una formazione assai diversa, e quella di oggi?
Il materiale pubblicato su “Beyond Somber Passages” era in realtà il frutto di due diverse sessions: quelle della registrazione del demotape “Through Somber Passages” del 1997, e il materiale inedito che fu registrato in un secondo momento per la pubblicazione dell'ep. Relativamente ad entrambe le registrazioni ho dei ricordi positivi, all'epoca la realizzazione di un demo era una cosa meno scontata di adesso: quello che oggigiorno ogni aspirante musicista realizza nella sua cameretta con un computer portatile e una manciata di software scaricati a caso, all'epoca si doveva fare in un vero studio di registrazione, confrontandosi con fonici, microfoni a condensatore, outboard analogici e registratori Adat, un mondo sostanzialmente ignoto a qualsiasi ragazzino alle prime armi, un mondo che ti imponeva una preparazione di un certo tipo per realizzare un prodotto decente in un tempo limitato – perchè, essendo in un vero studio, il tempo è denaro. Il demo e l'ep furono due release che ci donarono molte soddisfazioni nel corso degli anni, ma che ebbero anche un fondamentale valore formativo nell'avvicinarci ad un certo modus operandi di fare musica professionalmente e consapevolmente.

Nel corso degli anni la line-up ha subito numerosi cambiamenti. Siete più stabili adesso?
Venti anni di attività non sono pochi, ed è fisiologico che ci sia un ricambio nell'organico, considerando il fatto che l'attività musicale richiede molti sacrifici e non tutti sono disposti a pagare lo scotto necessario. Non lo vedo come un problema, con il tempo abbiamo trovato il nostro equilibrio e siamo in grado di lavorare con una line-up ridotta al minimo, in virtù del fatto che siamo fondamentalmente polistrumentisti. Al momento l'entità Mystical Fullmoon è rappresentata da me e dal chitarrista Heru, ho la sensazione che per molto tempo proseguiremo a lavorare come duo, e va benissimo così.

Sono trascorsi cinque anni da 'Scoring A Liminal Phase'. A cosa è dovuto tutto questo tempo?
Un disco come “Chthonian Theogony” non si compone nell'arco di cinque mesi, abbiamo lavorato con calma affinchè tutto fosse curato nei minimi dettagli, del resto crediamo nella qualità piuttosto che nella quantità. Se a questo unisci vari ed eventuali contrattempi legati agli impegni della vita di tutti i giorni, e un certo ritardo nell'ottenere un riscontro discografico (che abbiamo poi fortunatamente trovato presso la valida Beyond Prod) ti assicuro che cinque anni passano molto in fretta!

Quanto sono durate le registrazioni? In che studio avete lavorato?
Le registrazioni sono durate alcuni mesi, e si sono svolte in tre fasi distinte: una fase di preproduzione, realizzata nella nostra sala prove privata con la supervisione tecnica del nostro ex tastierista, durante la quale abbiamo registrato professionalmente tutte le DI di chitarra e basso, abbiamo rifinito il programming della drum machine nonché le orchestrazioni e le parti di tastiera; una fase di tracking vero e proprio e di mixaggio, effettuati negli ottimi Elfo Studios di Piacenza, uno studio per certi versi old school che basa il grosso del suo sound sull'uso di outboard analogici allo stato dell'arte, microfoni di livello superiore e il suono naturale della sala di ripresa, per un risultato veramente qualitativo; infine, la fase di mastering che è stata realizzata ai Finnvox Studios di Helsinki per mano di Mika Jussila, fonico di fama mondiale che negli ultimi vent'anni ha firmato molte produzioni di riferimento per il metal estremo scandinavo.

Desideravate ottenere un sound specifico? Vi siete ispirati a qualche album per produzione e mixaggio?
Non ci siamo ispirati a nessun disco già esistente, il nostro obiettivo era quello di ottenere un sound ricco, tridimensionale, molto presente su tutte le frequenze e che avesse una pasta analogica e ricca di distorsione armonica. Un altro requisito fondamentale era mantenere una certa naturalezza nell'alternarsi delle dinamiche, odiamo le produzione ipercompresse che vanno di moda da qualche anno a questa parte. Ultimo ma non ultimo, volevamo ottenere un sound moderno ma non patinato, dal sapore internazionale. Triangolando le nostre idee e l'esperienza del fonico siamo riusciti a raggiungere il risultato voluto senza problemi, devo dire che anche col senno di poi siamo estremamente soddisfatti della produzione di “Chthonian Theogony”.

I vostri pezzi sono sicuramente elaborati. Qual è quello con più layers o che comunque è stato più complesso da registrare?
Per certi versi uno dei brani più impegnativi è stato “After the coil”: abbiamo portato alle estreme conseguenze il nostro songwriting, the prevede la composizione della musica sul testo con un approccio da colonna sonora che si sviluppa progressivamente frase dopo frase, concetto dopo concetto. In questo caso il tutto è stato portato all'estremo perchè abbiamo deciso fin dall'inizio di comporre un brano strumentale, il primo della nostra carriera, tenendo come fermo riferimento il testo (che è presente nel booklet) ma lasciando che fosse solo la musica a parlare, senza bisogno di alcuna linea vocale. Arrangiare e registrare una traccia strumentale da dieci minuti è indubbiamente una sfida, e la struttura del brano ha molti più layers e molte più sfaccettature di quanto non sembri ad un primo ascolto, in ogni caso credo che il nostro obiettivo sia stato centrato in pieno.
Un'altra canzone su cui abbiamo dovuto porre una particolare attenzione è stata la cover di Jeff Buckley, in questo caso la problematica è stata all'opposto: cercare di rendere il brano efficace con l'arrangiamento più semplice possibile, secondo l'adagio “less is more”.

Avete utilizzato dei synth particolari in studio?
Nel caso di questo disco no, abbiamo usato prevalentemente virtual synth il che per noi è stata una interessante novità: abbiamo avuto modo di ampliare moltissimo la paletta sonica a nostra disposizione, spaziando da veri campioni acustici di strumenti orchestrali, a suoni puramente digitali, a buone riproduzioni di vecchie macchine analogiche. Abbiamo avuto modo di lavorare molto sulla sintesi e sul sound designing, approccio che in passato era marginale a causa dei limiti tecnici delle vecchie workstation che utilizzavamo, quindi anche da questo punto di vista abbiamo operato una scelta che è stata creativamente stimolante. Per il futuro, senza sicuramente mettere da parte il mondo dei virtual synth che ormai rappresenta una realtà affermata e affidabile, ci piacerebbe poter lavorare anche con qualche macchina vintage anni 70, ritengo che sinora il potenziale di questi strumenti sia stato sfruttato in modo limitato nel lessico del black metal.

Dietro ad un titolo come 'Chtonian Theogony' si cela un concept preciso?
L'album sicuramente non è nato con l'idea di rappresentare un concept deciso a priori, il songwriting si è sviluppato in modo spontaneo nel corso degli anni senza mai tenere conto di una visione unificante. Quando abbiamo percepito che la tracklist era ultimata, e il disco aveva sostanzialmente preso la sua forma definitiva, abbiamo ricercato un titolo che in qualche modo potesse sintetizzarne il mood. Volevamo un titolo breve (per fare da contraltare a quello del disco precedente, che era decisamente lungo), originale e d'impatto, e soprattutto molto intenso in termini concettuali, che potesse dare adito a diverse sfumature interpretative. Ci siamo accorti che il disco ci parlava con sensazioni e visioni che erano assolutamente identiche per tutti e tre, ognuno di noi le descriveva secondo il proprio stile e alla fine io ho sintetizzato il tutto nel concetto di “Chthonian Theogony”. Più che il titolo di un concept ufficiale, esso può rappresentare una valida chiave di lettura per l'ascolto del disco, e per la contestuale scoperta delle 20 pagine di artwork che accompagnano passo dopo passo lo svolgersi di questo viaggio musicale.

In chiusura troviamo la cover di 'Dream Brother' di Jeff Buckley. Una scelta sicuramente insolita per una band black metal. Cosa vi ha portato ad inserirla in scaletta?
Ritengo che una cover abbia senso solo e soltanto se la band che la propone si confronta con una versione originale del tutto aliena al proprio stile, e cerchi di farla propria creando un arrangiamento che sia inedito ma che rispetti scrupolosamente l'atmosfera e l'intenzione del brano originario. Se facessi una riedizione black metal di una qualche nota canzone black metal non aggiungerei nulla a quanto già fatto dall'artista che l'ha creata, nella migliore delle ipotesi il mio sarebbe un mero esercizio di stile, nella peggiore sarebbe un'involontaria parodia. Artisticamente parlando, non esprimerei nulla e non dimostrerei nulla.
Di norma a noi non piacciono le cover, ma abbiamo trovato affascinante il confronto con una canzone misteriosa e a tratti inquietante come “Dream brother”. La posta in gioco era alta perchè Buckley è giustamente considerato un mostro sacro, ma credo che il risultato finale sia più che meritevole. Abbiamo lasciato da parte chitarre e screaming per concentrare l'arrangiamento sulla melodia di pianoforte, ipnotica e sinistra, e sulla voce sussurrata, per creare un brano dal feeeling onirico e cinematografico, ma sempre con un'intenzione cupa e inquietante.

Provate adesso a recensire 'Reward For The Blind' e 'A Red And Black Sacrament' per i nostri lettori...
“Reward For The Blind” è una canzone ancora piuttosto legata allo stile del precedente disco “Scoring a Liminal Phase”, non a caso è stata la prima canzone che abbiamo composto del nuovo album. La sua struttura è camaleontica, giocata su molti contrasti sia di ritmo che di stile e con un paio di tempi dispari atti a spezzarne ulteriormente la linearità; è una traccia che vuole essere destabilizzante e misteriosa nel suo continuo mostrare e celare molteplici elementi compositivi, di pari passo con il testo che è molto complesso. “A Red and Black Sacrament”, di contro, è un brano dal feeling molto più unitario e anche il songwriting è più omogeneo e diretto, ma non per questo prevedibile. E' una canzone dal mood maligno e oppressivo, senza cali o rallentamenti, dove riff intensi e tastiere maestose conducono fino all'apertura finale, con chitarre dissonanti affiancate a canti gregoriani per ricreare un'atmosfera assolutamente arcana.

Tra le vostre influenze citate Angelo Badalamenti, William Blake e David Lynch. Volete spiegarci cosa vi attrae dei loro mondi?
David Lynch è un regista geniale che ha firmato alcuni dei film più affascinanti che abbia mai visto, Angelo Badalamenti è il suo degno comprimario nel tessere colonne sonore inquietanti e dallo stile inimitabile, William Blake era un visionario che riuscì ad evocare immagini di straordinaria potenza trascendentale, sia come poeta che come illustratore. Ci tengo però a precisare che l'influenza di questi artisti è tutt'altro che totalizzante nel nostro stile, possono essere più che altro considerati un valido esempio di come il nostro raggio di interessi sia ampio e non scontato.

Come è nato l'interesse per l'esoterismo e la fisica quantistica?
Esoterismo e occultismo sono da sempre la base concettuale del black metal, non è solo un discorso di tradizione musicale ma di vera e propria convergenza fra tematiche e intenzione della musica. Storicamente parlando, il termine 'black metal' nacque negli anni Ottanta non tanto come etichetta di un ben definito sottogenere, quanto come definizione più ampia e sfumata da attribuire a tutte quelle bands che trattavano tematiche occulte in modo approfondito e ne facevano il fulcro del loro messaggio artistico. Pertanto da questo punto di vista non c'è nulla di anomalo, sicuramente può risultare più inconsueta l'associazione con taluni temi di fisica quantistica, per quanto in realtà non esista una reale contraddizione fra i due ambiti. Argomenti quali l'entanglement degli elettroni postulato dalla teoria delle superstringhe, o l'esistenza stessa dei tachioni, o l'influsso soggettivo dell'osservatore nello svolgersi dell'esperimento delle due fessure dovrebbero essere di grande interesse per qualsiasi ricercatore dell'occulto. Come disse “qualcuno”: the method of science, the aim of religion.

Siete rimasti colpiti positivamente dalla reunion degli Emperor?
Onestamente non mi ha fatto né caldo né freddo, gli Emperor a tutti gli effetti si sono sciolti molti anni fa e la reunion della scorsa estate è stata una intelligente mossa di marketing per capitalizzare sul ventennale di “In The Nightside Eclipse” e attirare ai festival quella frangia di pubblico che per motivi anagrafici non li aveva mai visti dal vivo. Dal loro punto di vista hanno fatto bene, e il sold out di tutti gli eventi a cui hanno presenziato lo dimostra, per quanto mi riguarda preferisco mantenere il ricordo di quando li vidi nel 1997, nella loro prima apparizione su suolo italiano.

(parole di Gnosis)