Cosa ci fate ancora in Italia?
(Marco Manzella) E' una scelta abbastanza radicata. Intanto perché non pensiamo di sapere bene l'inglese. Purtroppo chi non lo sa parlare bene viene subito riconosciuto e non è una bella cosa. Inoltre le nostre linee strumentali sono parecchio ricercate e siamo dell'avviso che l'incrocio con la lingua italiana crei qualcosa di originale. I nostri strumentali hanno delle precise connotazioni e non ci importa se l'italiano è una soluzione più difficoltosa perché comunque ci dà parecchie soddisfazioni.

Perchè avete preferito il disordine?
(Marco Manzella) E' il disordine che ha preferito noi. Lo subiamo come tutti anche nella vita normale.

Qual è il posto giusto in una stanza disordinata?
(Marco Manzella) Forse non c'è o bisogna cercarlo. Sicuramente è più interessante la ricerca del posto giusto in una stanza disordinata del trovarsi in una stanza ordinata dove non vi è alcun stimolo di cercare qualcosa di nuovo.

Come si è svolto il processo creativo di 'Nel Posto Giusto'? La pre-produzione è stata effettuata in Italia e poi vi siete trasferiti a Glasgow?
(Marco Manzella) Sì, facciamo sempre così. Abbiamo dei tempi di pre-produzione molto lunghi. Interminabili sessioni in una cascina vicino Novara dove suoniamo senza freni. Alla fine riascoltiamo più volte finché non troviamo delle parti che ci interessano su cui costruire dei brani. Altrimenti uno di noi produce una linea melodica e da lì ci lavoriamo insieme.

Perchè vi siete spostati dall'Islanda alla Scozia?
(Marco Manzella) Per una questione di studio di sonorità. Siamo molto maniaci in questo senso. In un'era dove spesso si sente la musica dal computer magari non serve ma in cuor nostro speriamo sempre che ci sia qualcuno che ascolti la musica in alta definizione e ponga attenzione ad ogni dettaglio. Siamo attenti a tutto, in particolare ai suoni di chitarra e batteria. I dischi dei Mogwai sono stati registrati ai CaVa Sound Studio e siamo andati a prenderci quei suoni.

Che tipologia di sound volevate ottenere stavolta?
(Marco Manzella) Più urbano, metropolitano, soprattutto sulle chitarre.

Che differenze avete riscontrato tra Geoff Allan e Birgir Jòn Birgisson?
(Marco Manzella) Quando eravamo ai Sundlaugin in Islanda cercavamo suoni piu' dilatati. Mi ricordo che entrammo e c'erano degli strumenti in giro, prememmo dei tasti a caso di un organo ed il suono che uscì era esattamente quello che avevamo in testa. Avevo i brividi sulla schiena. Magari sono scelte che non ti fanno vendere più dischi ma lo facciamo soprattutto per piacere personale e queste sono emozioni impagabili. In entrambi i casi eravamo il primo gruppo italiano che avesse mai registrato in quegli studi. Geoff Allan è stato senza dubbio più coinvolto nel processo e si è divertito fin dal primo giorno. Pensa che per un brano ci ha fatto smontare la batteria e suonare i vari pezzi per terra. I volumi di chitarra erano davvero insostenibili. Birgir inizialmente era più freddo, forse come tutti gli islandesi. A forza di piatti di pasta lo abbiamo fatto sciogliere e ci ha fornito una tipologia di idee diverse come suonare una scala di ferro con le bacchette oppure il piatto della batteria con l'archetto di un violoncello.

E' stato difficile mixare l'album? Quante versioni avete ascoltato prima della definitiva?
(Marco Manzella) Neanche tante. Mi pare tre versioni. Quando stai diversi giorni con un produttore e ci entri in sintonia è facile concludere il processo.

Di cosa parlano 'La Statua' e 'Un Ponte Sul Fiume'?
(Marco Manzella) Il testo di 'La Statua' è legato ad un detto siciliano che dice sempre mio nonno. Qualcosa del tipo “è inutile fare i dolci con una statua perché è di marmo, non suda e non si emoziona”. Un po' come dire che quando una cosa non deve succedere è inutile intestardirsi. Il pezzo è dedicato alle persone col cuore di pietra che abbiamo incontrato sul nostro cammino. 'Un Ponte Sul Fiume' è invece dettata dalla volontà di riavvicinarsi ad una persona. Mi piace comunque che i testi siano intrepretabili.

Quali sono le band italiane con cui avete stretto rapporti più forti?
(Marco Manzella) Su tutti direi i Perturbazione con cui abbiamo iniziato. Il primo disco è stato registrato nei loro studi con la produzione artistica di Gigi Giancursi e Cristiano Lo Mele. Poi i Marta Sui Tubi che abbiamo affiancato fin dai loro primi concerti e con i quali abbiamo condiviso diverse cose oltre al violoncellista.

Siamo a fine anno quindi è naturale chiederti quali sono gli album più belli che hai ascoltato in questi dodici mesi..
(Marco Manzella) 'Origins' dei God Is An Astronaut anche se è dell'anno passato.
(Emanuele Sarri) Per quanto mi riguarda 'Rave Tapes' dei Mogwai, 'Adventures In Your Own Backyard' di Patrick Watson e 'The Take Off And Landing Of Everything' degli Elbow.

Vorrei che analizzassi la copertina per i nostri lettori e ci dicessi cosa significano per te quei simboli..
(Emanuele Sarri) Ad Alberto Bonanni abbiamo chiesto di raccontare in immagini il disco. È un illustratore e grafico, un ottimo amico che ci conosce bene da tempo. Sa bene quanto nel nostro immaginario siano presenti suggestioni surrealiste, e la cifra stilistica scelta nasce proprio da questo. L'illustrazione di copertina è un patchwork di personaggi tratti da vari dipinti dell'ottocento che si trovano protagonisti di una storia, di una scelta. La storia inizia, come nella migliore tradizione, con un evento, il naufragio, che lascia per necessità il nostro protagonista ad affrontare alcune peripezie. La traversata e il viaggio metaforico del nostro protagonista lo portano verso un mondo nuovo, interiore o esteriore che sia. Questo mondo si presenta a lui sotto forma di scelta: da una parte la risalita verso la spiaggia al richiamo di una donna e di un mondo esotico, dall'altra la discesa verso il fondo del mare al richiamo di una sirena. Entrambe le figure femminili invitano il nostro personaggio a fare la sua scelta. Il finale è aperto e lasciato alla libera interpretazione.