Chi sono i Vetrozero?
Siamo un gruppo rock di Trento che si è sempre incaponito a volere suonare pezzi propri. Anche noi abbiamo passato la fase di vari cambi di formazione, cambi di direzione, compilation e demo autoprodotti. Quest'anno è uscito il nostro primo disco ufficiale che s'intitola 'Temo Solo La Malattia'. Ci è costato un sacco di fatica pereograve; ne siamo orgogliosissimi.
Il vostro nome come è nato?
eEgrave; un nome che ho coniato io in un periodo turbolento della mia adolescenza dove vetro sta per fragilità e zero per nullità. Quindi un messaggio non molto positivo ma suona bene ed è d'impatto. Adesso pereograve; cerchiamo di portarlo alla luce anche sotto altri vesti, portando anche della gioia.
Quanto è difficile cantare in italiano e quali sono gli obiettivi che vi siete posti all'inzio?
Non ti dico che è semplice ma l'ho fatto dall'inizio e sono sempre stato dell'idea, brutale e opinabile, che è meglio dire delle cose sensate in italiano invece di stronzate in inglese. Per quanto riguarda gli obiettivi noi siamo dei romantici, crediamo nel valore delle canzoni e quindi ci rompiamo la testa per scrivere dei testi ispirati e trovo che sia un modo per confrontarci con i nostri limiti visto che siamo tutti autodidatti. Quindi per noi è importante conciliare una sorta di attenzione per le liriche e allo stesso tempo fare dei pezzi rock fruibili da un pubblico il più variegato possibile in modo che non rimanga una cosa di nicchia.
I pezzi hanno una dimensione molto live ma ascoltando il disco si sente una cura dei dettagli notevole. Quali atmosfere avete cercato di ottenere entrando in studio?
Per la realizzazione è stato fondamentale l'aiuto di Fabio De Pretis che è stato il fonico ma anche il produttore, una sorta di quinto componente dei Vetrozero. Ha delle capacità strabilianti e ci ha aiutato a mettere la spina dorsale alle nostre canzoni adolescenti. Il primo disco per una band emergente è sempre quello più travagliato nel senso che si porta dietro un po' tutte le ansie e la volontà di mettere tutte quelle cose che hai in cantina, in soffitta, sulla schiena quindi ci sono state delle belle scremature e decapitazione di canzoni, dei testi, di parti. Ci abbiamo messo un bel po' di tempo ma il risultato finale ci ha messo tutto d'accordo. Nell'album puoi trovare delle cose un po' più leccate negli arrangiamenti, nell'acustica con i synth e violini ma ci sono anche quattro o cinque pezzi che riescono a dare qualche bella sberla in faccia.
Chi è 'Il Mostro'?
Da tutti i miei testi si capisce che mi stanno a cuore i rapporti umani, le relazioni tra le persone. 'Il Mostro' non vuole essere un messaggio su grande scala, ma sono semplicemente io. Tutti noi diventiamo dei piccoli mostri nel momento in cui diciamo e facciamo qualcosa che non volevamo e ci si trova in situazioni che ti portano al limite e si va a rompere quella che generalmente è la nostra normalità. In più posso dirti che il testo è stato scritto in conseguenza ad un periodo negativo.
In una canzone citate la chirurgia e nella grafica del singolo troviamo dei riferimenti geometrici..
La serigrafia de 'Il Mostro' è semplicemente lo schema delle luci della gabbia che avevamo creato per girare il videoclip con il nostro amico regista Marco Menestrina. La questione della chirurgia voleva essere un gioco di parole, un modo per dire che mi hai fatto talmente male che questa non è nemmeno una canzone ma un modo di essere chirurgico dentro i miei dissesti interiori.
eEgrave; la seconda volta che aprite un concerto degli Skunk Anasie, che sensazioni provate a suonare sul palco importante del Pistoia Blues?
Siamo in toscana prima di tutto ed è uno dei posti più belli al mondo. Pistoia è bellissima, questo battistero e il duomo rendono la piazza uno spettacolo. Siamo appena scesi dal palco, belle sensazioni e la gente è stata carina e sembra che abbia risposto bene. eEgrave; stato un set breve ma intenso e siamo molto contenti.
Se doveste presentare il vostro genere a qualcuno che vi conosce che etichette utilizzereste?
Il giochino delle etichette è un po' bastardo poi in Italia il nostro genere è quasi sempre associato a gruppi come Marlene Kuntz e Verdena. Non per presunzione pereograve; penso che non assomigliamo a nessuno anche se c'è sicuramente un po' di quell'attitudine. Noi cerchiamo sempre di guardarci i piedi, andiamo avanti suonando rock e cercando di essere variegati poiché non sopportiamo la ripetitività ne è la dimostrazione il nostro disco che non contiene riempitivi.
Avete già dei pezzi pronti per un nuovo album?
Abbiamo registrato dei provini e dopo questi live torneremo su nelle nostre montagne e ci metteremo a lavorare sul materiale nuovo altrimenti rischiamo di diventare la cover band di noi stessi visto che queste canzoni le abbiamo curate molto. eEgrave; ora di mettere carne nuova al fuoco.
Vi siete ispirati a qualche disco in particolare per la scelta della produzione dei suoni del primo album?
Fabio De Pretis si ispira a Andy Wallace, ha la mano pesante. Noi cerchiamo di ispirarci alle cose belle senza riferimenti precisi. Ci sono un sacco di dischi ed artisti che ci piacciono pereograve; poi quando si è in sala prove i nostri miti rimangono un po' fuori dalla porta perchè ci piace fare a modo nostro.
Citazione di almeno due versi di un vostro testo per identificare la band..
'Esisto perchè sto nella testa di qualcuno coi semi che ho piantato posso solo andarmene a fanculo' e 'Voglio stare quaggiù, stare sottocoperta, l'aria è come grisù e tu che mi fai la festa'.

(parole di Glauco Gabrielli)