Possiamo affermare che questo progetto nasce dal desiderio di confrontarti con un'altra tipologia di sonorità rispetto a quella del tuo gruppo principale?

Già antecedentemente agli Helalyn Flowers ho trascorso più di dieci anni a cantare e suonare in band thrash, punk, hardcore, death e black metal. Sono queste sonorità che hanno marcato in modo indelebile la mia crescita musicale. Quando hai dodici anni e ti imbatti nei Napalm Death è difficile che torni indietro, e se lo fai di certo non sei più lo stesso. Non penso a The Wet come ad una reazione personale al sound degli Helalyn Flowers. Semplicemente non posso vivere senza le due parti. Non posso fare a meno del grind e dell’hardcore come non posso fare a meno della new wave o del synth pop. The Wet è una cosa che maturo dentro dai banchi dei primi anni del liceo. Le idee per 'Shitlist' e 'Walk Your Talk' nascono lì. Provai anche a cercare di mettere su una line-up e tirare su un muro sonoro senza eguali, ma nei primi ’90 era molto difficile che qualcuno ti desse retta a tal proposito. C’era la mania del rock accessibile alle ragazzine o dell’hard rock tipicamente ’70. Non era quello che mi interessava. Ero solo un ragazzino punk stregato da compilation come 'Virus 100' (tributo ai Dead Kennedys a marchio Alternative Tentacles) e 'Maciste Contro Tutti' (con CSI, Disciplinatha e Ustmamo) e già allora avevo chiaro in mente che quel tipo di sperimentazione unita a tutto l’hardcore, il thrash e il death mi avrebbe appagato come nessuno. Non possedevo un Pc e non avevo la minima idea di cosa significasse produrre un album. Gli studi di registrazione costavano milioni che non avevo e in più il rischio che te ne tornavi a casa con un misero master su DAT di due pezzi usciti anche male o come non volevi era altissimo. Quindi ho preferito aspettare il mio momento. E comunque ogni giorno ne ero sempre pienamente consapevole. Ora un PC ce l’ho, la strumentazione ce l’ho, di un minimo di produzione ne capisco, quindi ho la piena libertà di fare quello che voglio e quanto ne voglio.

Ti sei posto dei limiti oppure ti sei lasciato guidare dall'istinto?

Dall’istinto, senza dubbio. Senza istinto non c’è spirito. E senza spirito non c’è auto-espressione. Avrei voluto dire molto di più in questa prima produzione, ma sentivo dentro che questo blocco che compone 'The Largest White Guilt' è perfetto e compiuto così com’è.

Quali sono i riferimenti musicali principali?

Su tutti Ministry, Slayer, Sepultura, Ratos de Porao, Lard, Skinny Puppy, Atari Teenage Riot, The Prodigy, Throbbing Gristle, PIL e Nailbomb. The Wet è la proiezione di come nella mia mente immagino si possa verificare una jam session tra queste band. E poi ci metto il mio.

Ascoltando il mini sono tornato con la mente ai tempi di 'Chaos A.D.' e 'Roots' dei Sepultura o allo straordinario esordio dei Nailbomb. E' corretto considerare Max Cavalera una sorta di guida in questo processo di fusione tra hardcore e thrash?

Direi che hai centrato in pieno. E anche a livello di periodo, visto che proprio quelli sono gli anni in cui pensavo già a quanto ho realizzato recentemente. Considero Max Cavalera come un’immensa fonte di ispirazione. Adoro praticamente tutto ciò che ha fatto, dai Sepultura ai Soulfly, dai Nailbomb ai Cavalera Conspiracy. Amo quell’approccio così fortemente hardcore al thrash e al death, generi che senza il punk penso proprio non sarebbero mai nati. Invece della solita ostentazione machista e filo-militarista che si era venuta a creare nel genere, lui ha contrapposto l’impegno sociale e la sperimentazione sonora. Ed è proprio come mi sento io.

Inoltre tengo a citare John Lydon e Genesis P. Orridge.

Che ruolo svolge l'elettronica in questo disco?

Di ausilio. Non l’ho usata tanto per inserirla. Certi suoni danno voce in modo più immediato all’immaginario che nutri nella tua testa.

Quanto tempo hai impiegato a comporre e registrare le canzoni?

Ci sono pezzi che sono ripescaggi evoluti di materiale che avevo già da anni su chitarra e su carta. Ho deciso all’improvviso di dare voce a The Wet. Stava letteralmente scoppiandomi dalle tempie. Ho tenuto un calendario di lavoro, secondo cui ho iniziato il 20 Settembre. Il 31 ottobre il cd è uscito.

Dobbiamo considerare 'The Largest White Guilt' un punto di partenza?

Ho già materiale inedito per la prossima release il cui titolo sarà 'Nuovo Mondo Assassino' e che uscirà il prossimo anno, successivamente alla messa a punto del nuovo album degli Helalyn Flowers. Sarà un disco incentrato maggiormente sul riffing di chitarra e che vedrà l’inserimento di nuovi tipi di sonorità. Una mazzata come sempre.

Adesso presenta il mini ai nostri lettori con un breve track by track..

'War Of Ethics' è il pezzo più violento dell’intero lavoro. Ritmiche marziali e riff hardcore prima dell’esplosione quasi rave del bridge. E’ l’etica dello Spirito che si scontra con l’etica del profitto. E’ una marcia di protesta. E’ la moderna Danza degli Spettri.

'Walk Your Talk' è lenta, ossessiva, tra Nailbomb più neri e Ministry, con ritmiche thrash di chitarra. Break ultra- Crust/HC. Il titolo è un proverbio Cherokee che significa ‘traduci in azione ciò in cui credi’.

'Let’s Start A Riot' fonde digital hardcore a thrash/HC per una sommossa senza via di ritorno. Parla dell’attacco frontale quale espressione di esasperazione, ma dietro a cui si regge una profonda consapevolezza. Ed è questa che va condivisa e urlata a voce alta. E metterci la faccia.

'We’re All Wet' racchiude il manifesto musicale/ideologico dell’intero progetto. C’è di tutto, dal dancefloor tribale all’Hardcore. Il bridge include anche synth-riff di matrice EBM su chitarre serrate all Fear Factory su cui duetto con Noemi degli Helalyn Flowers. Simboleggia la vera natura umana contrapposta alla sua attuale misera condizione. Nell’era del fuoco il vapore comincia a salire dalle viscere della Terra…

'Wake The Bear' fonde electro punk a death/thrash. Il ritornello gira intorno ad un sample preso dalla Waking Bear dance della tribù degli Ute. E’ la comunione intima tra mondo umano e mondo animale. Nel brano ho voluto vedere l’Orso come la forza più celata dell’Uomo che viene fuori sempre più, fino a liberarlo dalla menzogna.

'The Largest White Guilt' ha un inizio elettronico, quasi ebm che si tramuta in un crescendo attraverso cui riff slayeriani si riversano in caos monocorde dalle ritmiche tribali impazzite e distorte. Il testo si riferisce alla verità, che giace nel cuore di tutti gli uomini, ma che viene continuamente ignorata, calpestata e soggiogata. Parla del far finta di niente, della tendenza stupida nel soffocare il proprio istinto. Tutto con una dose di ironia e spirito dissacratorio tipico del punk. Il titolo è ispirato a 'Guilty Of Being White' dei Minor Threat. E sicuramente non c’è colpa più grande dell’ignorare sé stessi!

'Shitlist' spezza completamente a livello sonoro. Qui il caos delle chitarre e delle ritmiche veloci lascia spazio ad un industrial lentissimo, come un crocevia tra Throbbing Gristle e Pink Floyd. E’ una nomenclatura di tutto lo schifo. Uno dei pezzi a cui sono più legato in assoluto. Non ho cercato di rifinirlo, di strutturalizzarlo ma è il frutto di una jam session con me stesso. Tutto buono alla prima. Nel prossimo disco darò più spazio a questo tipo di approccio sonoro.

Grafica e liriche sono legate alle vicende dei nativi americani. Come nasce questa scelta?

Direi che questo legame sussiste nella misura in cui quel tipo di vicende vanno a specchiarsi in quello che è il panorama dell’uomo odierno. L’invasione bianca nelle Americhe era un passo verso un nuovo ordine mondiale, come la globalizzazione a gradi di oggi lo è. Il fatto che abbia scelto come riferimento narrativo e visuale i Nativi Americani è semplicemente per l’immenso amore che io provo per la loro cultura, la loro religione e la loro società. Credo nel valore della vita tribale contrapposta alla visione di stato, credo anch’io in un unico Grande Spirito che permea tutte le cose e credo anch’io che l’uomo bianco si sia macchiato del più grande genocidio nel genere umano, oltre che ambientale. A livello di immagine il mio face-paint combina elementi di trucchi di guerra tribali e la morte. Il corpo è completamente imbrattato di argilla rossa. Della serie: rinasco dalle viscere della terra come il Primo Uomo fece, ma con la consapevolezza dei cicli cosmici, perché sono già morto, e resuscito per vendetta, perché molti hanno bisogno della mia voce. “I’m a weed/In this Blood Age/I refuse/Your branched false creation/I was born here/to boost your inner voice/I come to you/to build a new bridge”.

A livello di produzione e mixaggio ti sei ispirato a qualche disco in particolare?

Direi di no. Mi sono semplicemente affidato a quanto mi ispiravano i suoni. Non ho avuto il tempo di prendere riferimenti. Si è svolto tutto molto velocemente, senza troppi ripensamenti.

Hai intenzione di portare queste canzoni dal vivo?

Solo se tutto si svolge secondo le mie esigenze. Ne sto parlando con alcuni ragazzi che conosco da anni e l’interesse c’è. Sto cercando di metter su una line-up inconsueta e con uno stage set che faccia impallidire band come WASP e Slipknot. Non mi interessa imbarcarmi a tutti i costi per tour infiniti o avere un curriculum vitae da sventolare sotto gli occhi dei discografici. Se lo faccio è solo per me stesso.

Quali sono i prossimi piani con gli Helalyn Flowers?

La lavorazione del nuovo album va avanti e proprio ora che rispondo all’intervista ho come sottofondo alcune demo. Penso che il nuovo disco uscirà nella seconda metà del 2012. Questa volta non abbiamo sentito nessuna fretta di far uscire qualcosa. Musicalmente Noemi ed io siamo come due pianeti a sé stanti. Nel momento in cui le nostre orbite si incrociano beh… allora i risultati non tardano a farsi sentire. Il nuovo album è diverso da tutto quello che abbiamo fatto. Non pensiamo ci sia bisogno di uno 'Stitches Of Eden Pt. 2', quel disco è un discorso auto-completato. Vogliamo guardare avanti.