Ci eravamo lasciati con un grandissimo disco come 'Either Caesars Or Nothing' e ci ritroviamo con altre dodici tracce fantastiche. Quali erano i vostri obiettivi prima di entrare in studio?

Grazie per il complimento, per quanto possa essere banale, con “To Persevere is Diabolical” volevamo fare un disco decisamente più tirato, cupo, freddo e in generale trita-ossa. Ci siamo messi a tavolino e partendo da alcuni concept di testi che già avevo pronti, abbiamo deciso in che direzione andare musicalmente con i nuovi Fomento.

Quali sono stati i commenti ricevuti da 'Either Caesars Or Nothing' che vi hanno stimolato maggiormente al momento di iniziare le lavorazioni del nuovo album?

Abbiamo cercato di tener conto sia delle critiche positive che di quelle negative, pur mantenendo intatta la nostra integrità e soprattutto la nostra identità.

Com'è stato il riscontro all'estero fino adesso? State tentando di allargare le vostre prospettive?

Certo! Quasi tutte le recensioni che abbiamo ricevuto sono state sempre molto positive e il disco nuovo sembra piacere anche molto più del primo. Farci conoscere oltralpe o addirittura oltreoceano è indispensabile.

A livello di suoni quali sono le differenze sostanziali tra il debutto e 'To Persevere Is Diabolical'?

Beh, il sound di questo disco è stato curato molto di più del primo. Merito sicuramente di Matteo Gabbianelli degli studi Kutso Noise Home con il quale ormai c’è una perfetta sinergia e riusciamo a capirci al volo. Per chi fosse interessato sul nostro Facebook c’è qualche foto di tutta la strumentazione che abbiamo usato in studio, chitarre, amp, batteria, tutto insomma.

Avete delle novità tecniche da sottolineare?

Tecnicamente l’album è sicuramente più complesso. Ci sono certi pezzi che sono veramente una sfida da suonare e senza un po’ di riscaldamento o di balsamo di tigre quasi non ce la facciamo.

Quanto tempo avete impiegato a comporre e registrare i nuovi brani?

Ci abbiamo messo circa un anno e mezzo per scrivere il disco, due mesi di pre-produzione serrata e poi un mesetto per il lavoro in studio.

A cosa sono dovuti i cambi di line-up?

Molto semplicemente a scelte di vita che non prevedevano più l’impegno di stare in una band. Peggio per loro!

Come avete trovato Umberto Maliziotti?

Umberto fino a qualche anno fa suonava in una cover band dei Sepultura pre-Arise. Mi è capitato di vederlo dal vivo e quando è giunto il momento di cercare un nuovo batterista l’ho contattato subito perché mi aveva veramente colpito.

In cosa ritenete di essere migliorati di più come musicisti negli ultimi due anni?

Abbiamo cercato di prestare attenzione a tutte le osservazioni che ci sono state fatte negli anni. Quello è stato il punto di partenza per migliorare e porci delle sfide tecnicamente e non solo per migliorare come musicisti e perché no, compositori.

Quale significato si cela dietro all'artwork? Quali lavori di Brent Elliott White vi hanno convinti a contattarlo?

Questo disco non solo è un seguito a 'Either Caesars Or Nothing' musicalmente ma lo è anche graficamente. C’era un piccolo Cerbero sul retro del vecchio artwork e mi era sembrata una buona idea riproporlo ma in una nuova veste più importante ed imponente. Considerando poi il tema dell’album un’ ambientazione infernale ma “fredda” era perfetta. Ho scoperto Brent con le ultime copertine che ha fatto per i Job For Cowboy, poi quando ho visto il resto del suo lavoro sul suo sito ho capito che era l’artista giusto per trasformare in realtà il concept che avevo in testa.

Avete fatto circolare il lyric video di 'Necropotency'. Volete analizzare il testo per noi?

Questo pezzo è una grande “vaffanculo” alle reunion band e a quello che rappresentano oggi per l’industria discografica. Invece di investire in artisti emergenti con idee nuove e tanta voglia di farsi il mazzo, le major - e non solo - preferiscono riesumare vecchie carcasse facendoci credere che ce ne fosse anche bisogno. Grandi ritorni con tour annessi come quelli dei Faith No More, System of a Down, Anthrax e via dicendo sono solo una grande barzelletta!

Provate adesso a recensire 'Devil's Trill' e 'In The Sixth Day'...

'Devil’s Trill' è un pezzo ispirato al Trillo del Diavolo di Tartini (vi invito a scaricare il lyrics book del disco dal mio sito). A livello di chitarre ha alcuni dei riff più difficili che abbiamo mai scritto che si alternano invece con il ritornello che è pura e semplice cicciottezza. “In the Sixth Day” invece era nato come pezzo strumentale per questo ha una struttura abbastanza sconnessa e altalenante ritmicamente. Ripensandola come canzone ha però trovato la sua giusta dimensione.

In quale direzione ritenete si stia muovendo il metal moderno?

Sinceramente non l’ho capito. Non vedo niente di particolarmente nuovo all’orizzonte, sono passate di moda anche le mode.

Perseverare in cosa?

Sicuramente non nell’errore, mi piace imparare dalle cazzate che faccio e non insistere nel farle.

(parole di Marco Krasinski)