Prima di tutto parliamo delle vostre origini. Come è nato questo affascinante progetto?
(Paul) Io e Alan frequentavamo la stessa scuola e condividevamo un interesse per la musica dark. Abbiamo cominciato a suonare insieme nel ’93. Quando nel ’95 si è unito a noi Dan la band ha iniziato a svilupparsi. La nostra prima release è stata un demo tape registrato in sala prove che è finito nelle mani di Paul “Hammy” Halmshaw, il fondatore della Peaceville Records. Ci ha invitato a registrare in uno studio professionale e da lì è partito tutto.

Cosa ricordi delle recording session di ‘Journeys’ e ‘Blue Tape’?
(Paul) Soprattutto che eravamo senza bassista e quindi fu necessario registrare tre chitarre ritmiche, una delle quali con accordatura ribassata per ricoprire per supplire a tale assenza. Per quello che mi ricordo il processo fu abbastanza veloce. Ogni demo era di due canzoni anche se si trattava di composizioni sfaccettate con parti piuttosto complesse. La sensazione di ascoltare la propria musica registrata secondo le regole invece che un vecchio multitraccia fu sorprendente.
(Alan) ‘Journeys’ era sicuramente qualcosa di nuovo a quel tempo e fu divertente registrarlo anche se sono felice dell’evoluzione che comportò ‘Blue Tape’. Fu quest’ultimo a generare numerose richiesta da parte dell’industria musicale. Il primo demo fu sufficiente a farci andare in tour con i Mayhem mentre per il secondo ricordo Gian e Stuart dei Crafle Of Filth che ci consideravano dei seri contendenti al trono.

Quali erano i vostri obiettivi al tempo?
(Paul) Ottenere un contratto discografico era sicuramente la prima cosa. Musicalmente volevamo apparire più originali possibili mantenendo elementi dark ed atmosferici. Il live ci interessava poco.
(Alan) Non eravamo troppo attratti dall’idea di passare delle intere giornate in un tour bus cosa che invece molte altre band sognano. Rispetto a Paul mi piace suonare su un palco mentre lui preferisce le ombre alla ribalta. Ho sempre sognato di organizzare un tour spettacolare come quello degli Iron Maiden ma per ottenere un buon effetto a volte bastano anche delle semplici luci.

Come siete entrati in contatto con Peaceville Records?
(Paul) E' stato grazie ad Alan anche se conoscevamo Hammy e Lisa dal '94 visto che vivevano vicino a noi. Andavamo a casa loro, compravamo le prime uscite dell'etichetta oppure ci recavamo negli uffici di Dewsbury per qualche vinile a basso costo o addirittura delle magliette gratis dei Darkthrone. Hammy ci convinse a registrare in uno studio professionale ma non eravamo la tipica band dell'etichetta quindi considerammo anche altre offerte. Quando firmammo per Peaceville fu quasi inaspettato visto che eravamo ai dettagli con un'altra label.
(Alan) Il primo contatto fu una lettera di Lisa spedita dagli uffici di Dewsbury. Da ragazzi ordinavamo cd insieme usando le carte di credito dei nostri genitori. Comprai l'edizione limitata di 'Soulside Journey' dei Darkthrone e visto che Paul viveva a fianco di Hammy si strinse una bella amicizia. Lisa ci invitò alle registrazioni di 'Pentecost III' degli Anathema presso gli Academy Studios. Avevamo sedici anni e non dimenticherò mai quello che provammo quel giorno. Vedere suonare gli Anathema, bere insieme a loro, metà dei My Dying Bride e Thomas Lindberg. Indimenticabile.

In quello studio avete registrato il vostro primo full length. Che tipo di suono volevate ottenere?
(Paul) Ricordo che il processo fu estremamente faticoso e pieno di difficoltà. Le canzoni erano complesse e la strumentazione analogica comportava un livello di concentrazione non paragonabile minimamente a quello che accade adesso con i computer. Fu spettacolare ma dopo avere terminato l'album mi chiesi se veramente avrei voluto ripetere un'esperienza simile.
(Alan) Per fortuna avendo già sperimentato quello studio in precedenza eravamo riusciti a stabilire un bel rapporto lavorativo. E' stato arduo ma siamo riusciti a camminare con le nostre gambe. Abbiamo imparato moltissimo da quei momenti ed anche se essere professionali richiede un duro lavoro ti fa anche apprezzare di più quello che stai facendo.

E' corretto considerare 'In Therapy' una progressione naturale rispetto al debutto?
(Paul) E' un domanda interessante visto che dal punto di vista stilistico gli album sono molto diversi tra loro. La band era progredita sicuramente. Forse non la musica. Non ci siamo mai sentiti legati ad un solo genere e per questo la gente ha sempre pensato che fossimo un pò particolari. In quattro anni cambiammo tantissimo e provammo a dotare le canzoni di una struttura più rock e melodica senza timore di esprimere quelle che erano le nostre influenze.
(Alan) Avevamo diverse opzioni ma credo che sia importante vedere come vanno le cose prima di predere qualsiasi decisione. A volte c'è troppa enfasi riguardo alla musica e le persone che la vivono con passione tendono ad adagiarsi in zone di comfort che impediscono alcune scoperte successive. Se ci fossimo accontentati non ci sarebbe mai stato alcun tipo di progressione. La musica deve nascere in maniera spontanea e naturale altrimenti non funzionerà mai.

Perché siete stati inattivi per tutto questo tempo?
(Paul) La vita è la vita. Siamo cresciuti come persone e sono aumentate le responsabilità rispetto a quando eravamo adolescenti. Abbiamo comunque continuato a scrivere. Per esempio 'Brave Young Assassin', la prima canzone del nuovo album è stata composta nel 2003 quindi gli anni di pausa non sono stati buttati via. Aggiungerei anche che il morale e il mood dopo 'In Therapy' finirono sotto terra e non è sempre facile ristabilire certe connessioni. Ci sono voluti tanti anni in un semi-limbo da cui adesso siamo riemersi.
(Alan) La nostra agenda di impegni ed alcune situazioni personali hanno complicato le cose ma qualche volta è meglio rimanere silenti sullo sfondo. Siamo persone diverse con gusti diversi, viviamo su un parallelo come quello di 'Neanche gli Dei' di Isaac Asimov.

Quando avete cominciato a concentrarvi sul nuovo materiale?
(Paul) Avevamo circa cinquanta canzoni in varie forme per questo terzo album. Un brutto periodo nel 2012 ci ha spinto a creare ulteriore materiale e questo ci ha spinto a trascurare alcune vecchie canzoni che magari appariranno in futuri lavori. Siamo cambiati sotto diversi livelli. La vita non è rimasta ferma e dopo dodici anni non siamo sicuramente le stesse persone di prima. Buona parte dell'album è stato realizzato in circa sette mesi parecchi dei quali trascorsi a rifinire i contorni e le liriche. Le registrazioni si sono svolte in diverse sessioni a causa del fatto che Dan era impegnato dal vivo con i My Dying Bride.
(Alan) C'è stato un momento in cui gravitavamo l'uno sull'altro. Siamo più vecchi e saggi. Non cambiare significa non vivere affatto. Uno dei fattori che ha reso i Thine quello che sono è il desiderio di non rimanere in certi confini ma esprimerci e sperimentare senza sosta. Non siamo interessati ad emulare nessuno o seguire particolari trend. Se c'è una cosa che non è cambiata è il cinismo che provo verso questi aspetti del music business. Paul ha portato alcune tracce e riff in sala prove e ci abbiamo lavorato insieme. Il rapporto instaurato con gli Academy Studios ci ha permesso di ottenere la flessibilità ed il tempo di cui avevamo bisogno perché tutto funzionasse a dovere.

Molti giornalisti citano Katatonia, Anathema e Manic Street Preachers tra le vostre influenze principali. Io personalmente trovo tanto dei Puressence nelle vostre atmosfere. Li conoscere?
(Paul) Non proprio. I paragoni con Anathema e Katatonia sono abbastanza scontati anche se non ci hanno mai influenzato veramente. Ai tempi del primo album venimmo associati a gruppi prog come King Crimson e Genesis quindi fa poco testo.
(Alan) Li ringrazio quando ci paragonano ai Katatonia perché sono una grande band ma più che di influenze parlerei di attitudine. L'emulazione non fa per me. Ho sentito parlare dei Puressence ma non li ho mai ascoltati a dovere quindi non saprei dirti.

Provate adesso a reensire la title track, 'A Great Unknown' e 'The Rift' per i nostri lettori..
(Paul) The Dead City Blueprint – Non ricordo da dove è nata l'idea ma è una storia di fantasmi. Penso che sia un modo per raffigurare l'inevitabilità della morte e come una specie venga distratta da sentimenti e status sociale quando in realtà siamo destinati tutti allo stesso posto senza eccezioni. L'avevamo scelto come titolo per l'album precedente ma poi l'11 settembre ci convinse ad evitare qualsiasi titolo che avrebbe potuto essere ricondotto a quella tragedia. Ci hanno detto che nel pezzo c'è una certa vibrazione alla Danny Elfmann. Può essere.
A Great Unknown – Questo è il secondo pezzo più vecchio. La struttura compositiva ricorda 'In Therapy' ed è stato scritto pensando all'incertezza del futuro, alla mancanza di gratitudine ed al fatto che perdiamo tempo con cose assolutamente insignificanti mentre la vita scorre via.
The Rift – E' un pezzo davvero epico, personale e potente. Le liriche non hanno bisogno di ulteriori spiegazioni e musicalmente è un viaggio di grande concretezza.

Quale significato si cela dietro all'artwork?
(Paul) Nella copertina la città si sta dissolvendo. E' un'immagine apocalittica piena di metafore sui tempi moderni, le nostre vite, l'isolamento e la natura che si sta riprendendo indietro la terra. Tutto quello che abbiamo costruito sta crollando. E' un album sui fantasmi e quindi l'atmosfera desiderata è anche molto eterea. L'albero rappresenta l'aspetto più rilevante e simboleggia una sola persona.

Disperazione, catarsi ed una vena progressive accentuata sono sufficienti per descrivere le nuove tracce?
(Paul) E' sicuramente un modo eccellente per descriverle. 'The Dead City Blueprint' è un mix di tanti aspetti ma dark progressive rock è un termine comodo per facilitare le cose.

Trovate che la vostra musica si adatti a qualunque stagione?
(Paul) E' una bella domanda. Penso che funzioni sempre anche se in certi periodi, magari particolarmente malinconici, la musica riesce ad elevarsi di più. Una canzone come 'To The Precipice' ha un certo feeling solare. Forse anche 'The Rift' che è stata scritta nei mesi estivi. L'album è comunque in grado di evocare sensazioni molto differenti tra loro. Non è un viaggio totalmente senza speranza. Ci piace lasciare una piccola luce in fondo al tunnel.
(Alan) Credo sia uno stato mentale di chi la suona e la ascolta. Un viaggio dall'interno su come le influenze esterne ci hanno condizionato.

Quali sono le vostre band preferite nel catalogo della Peaceville Records?
(Paul) Darkthrone e Autopsy sono le prime che mi vengono in mente.
(Alan) Darkthrone, G.G.F.H. e Ship Of Fools.