Come ogni anno la meravigliosa piazza Duomo di Pistoia ospita uno dei festival più antichi al mondo dedicati alla musica blues.

Oltre alla Cattedrale di San Zeno, la location presenta tra l’altro un portico quattrocentesco, il caratteristico campanile che Slash omaggiò quando portò nella città toscana il suo disco solista ‘It’s Five O’Clock Somewhere’, e il battistero, il palazzo dei Vescovi e naturalmente il palazzo comunale (già palazzo degli anziani), dove viene allestito il backstage.

Pistoia Blues non è solo un evento musicale. Per chi vive da sempre la città di Pistoia è qualcosa di molto più importante. E’ un modo di ritrovarsi con le persone più care, di stringere nuove amicizie, di confrontarsi con altri colleghi sugli avvenimenti musicali precedenti o successivi. Soprattutto è un modo di vivere la musica totalmente differente da quello che siamo abituati a sperimentare negli altri festival. Quest’anno l’organizzazione è tornata a dare una forte impronta blues al programma. È stato confermato l’appuntamento con Storytellers, che ha visto il successo tra gli altri di Brunori Sas e Gianna Nannini, e ci ha fatto conoscere meglio uno dei rapper più in voga tra i giovani del momento.

Nayt è stata sicuramente una delle sorprese di queste settimane. Vuoi per l’approccio quasi all’opposto rispetto a tutti gli altri artisti che si sono esibiti e vuoi per la capacità di alternare testi d’autore con le strutture più o meno rigide della musica hip hop. Pur essendo ancora molto giovane, ha già otto album ed un live alle spalle e la sensazione è che possa solo crescere.

L’inaugurazione del festival è spettata però a Marcus King, accompagnato per l’occasione dai Fiend Without A Face dell’ex Mastodon Brent Hinds. Questi ultimi sono saliti sul palco troppo presto, quando ancora la piazza era vuota, ed è stato un peccato perché un chitarrista del genere in un contesto diverso – invece che lo sludge metal un classic rock pesantemente influenzato dal surf punk e psychobilly ma non c’è da stupirsi visto il coinvolgimento anche con progetti come The Blood Vessels, West End Motel, Four Hour Fogger Legend of the Seagullmen – avrebbe meritato maggiore attenzione. Dopo il concerto era sulla tribuna a ballare con la fidanzata durante il set di Marcus King. Un mito!

Del chitarrista e cantautore originario di Greenville avevamo sentito parlare un gran bene, non solo da chi segue da vicino southern rock e country. D’altra parte dischi come ‘Young Blood’ e soprattutto ‘Mood Swings’, non a caso prodotto da Rick Rubin – responsabile del successo di gruppi spaziali come Beastie Boys, Slayer e System Of A Down e autore di uno dei libri più interessanti dell’ultimo periodo con L’atto creativo – e incensato dalla stampa specializzata, hanno ottenuto un riscontro significativo pure nel Vecchio Continente. Non ha sorpreso di conseguenza vedere sul palco pistoiese un musicista di talento, dotato di un feeling strepitoso con la chitarra oltre che di una voce in grado di trasmettere emozioni uniche. Ha sorpreso invece la consistenza della setlist, tra momenti più elettrici e vibranti ed altri rilassati e capaci di coinvolgere tutta la band. A proposito, un’impressione ottima l’ha lasciata Drew Smithers, lead-guitarist amante della slide e abile nel ritagliarsi sempre più spazio durante il concerto. ‘Carolina Honey’, ‘Here Today’ e la reprise di ‘Honky Tonk Hell’ di Gabe Lee sono stati gli apici della serata, anche se applausi copiosi sono arrivati anche in occasione di ‘Ramblin’ Man’ degli Allman Brothers.

Un’altra serata incredibile è stata quella che ha visto protagonisti Paul Gilbert e Blackberry Smoke. Intanto per l’apertura, riservata a Drum n’ Jack, Black Banjo ma più che altro ai Roommates. Di loro ricordiamo il set di supporto ai Gov’t Mule di Warren Haynes e li abbiamo ritrovati in grandissima forma, con i pezzi dell’ultimo full lenght ‘Outside’. Tra questi il singolo ‘To Count’, di cui è da poco uscito il video, a testimonianza di un sound moderno che prende spunto dal classic rock ma può trovare consensi anche tra gli appassionati di Alter Bridge e Black Stone Cherry. Il chitarrista che ha legato la sua popolarità a Racer-X e Mr. Big un paio di settimane prima dell’evento ci ha regalato un’intervista che leggerete a breve su queste pagine. In quell’occasione ci aveva presentato il concerto non nascondendo l’entusiasmo per un medley legato ai Led Zeppelin, che ha realizzato assieme agli italiani Roberto Porta e Marco Galiero. Sul palco abbiamo visto anche sua moglie Emi, pianista giapponese che lo ha accompagnato a fine del set. Quello che avrebbe potuto essere un approccio facile e per certi versi commerciale alla platea si è invece rivelato una scusa per tirare fuori tutto l’estro di un chitarrista leggendario, che alterna un tocco melodico fuori dall’ordinario con la capacità di sperimentare in territori sonori anche molto diversi tra loro. Un musicista umile, simpatico, sempre pronto a condividere emozioni ed esperienze che si è stretto in un comune abbraccio con i tanti presenti. Una premessa eccezionale per il concerto più atteso insieme a quello dei Queens Of The Stone Age.

I Blackberry Smoke sono infatti una delle jam band viventi più apprezzate al mondo. Una band capace di fondere southern rock, americana, alternative country e blues in maniera pazzesca. Ogni loro concerto è un’esperienza e se n’è accorto il pubblico di Pistoia Blues.

Gli autori di ‘You Hear Georgia’, uno dei vinili che ho più consumato negli ultimi anni, e ‘Be Right Here’ sono sembrati a loro agio fin dal soundcheck e dalle interviste del pomeriggio. Charlie Starr non è solo un’icona ma anche una persona estremamente gentile, professionale e accomodante. Quando ha intonato ‘Good One Comin' On’ e ‘Waiting For The Thunder’ il pubblico era veramente in difficoltà a rimanere seduto.

‘Hey Delilah’ e ‘Sleeping Dogs’, con un tocco di ‘The Midnight Special’, hanno messo in luce le qualità impressionanti dell’organista Brandon Still, ma anche l’ultimo arrivato, il batterista Kent Aberle che ha sostituito Brit Turner, tragicamente scomparso tre anni fa, se l’è cavata alla grande. Gli apici del concerto sono stati l’accoppiata formata da ‘Ain’t Got The Blues’ e ‘One Horse Town’ e la cover di ‘Flirtin' With Disaster’ dei Molly Hatchet. dalle nostre parti non famosissimi ma una vera istituzione negli Stati Federali.

In chiusura l’acclamata ‘Ain't Much Left of Me’, da un altro disco bellissimo come ‘The Whippoorwill’, con la sfumatura ruffiana di ‘ When The Levee Breaks’ dei Led Zeppelin. Band eccezionale, in un contesto epico e non lo dico tanto per dire perché, come leggerete, Starr ha sottolineato quanto fosse felice di esibirsi in un luogo ricco di storia e arte come Pistoia… Perché dove vive lui “è tutto nuovo”…

Questa la scaletta dei Blackberry Smoke:

Little Bit Crazy
Hammer and the Nail
Live It Down
Good One Comin' On
Hey Delilah
Living in the Song
Let It Burn
Waiting for the Thunder
Sleeping Dogs
Azalea
Everybody Knows She's Mine
Let Me Down Easy
Ain't Got the Blues
One Horse Town
Run Away From It All
Flirtin' With Disaster
Ain't Much Left of Me

Dopo il sold-out di Gianna Nannini, c’era grande attesa per lo show dei Queens Of The Stone Age. L’ultima volta li avevo visti al Northside di Aarhus ed al Lucca Summer per due concerti totalmente differenti, sebbene a pochi giorni di distanza. In entrambi i casi avevo percepito un desiderio di tornare alle origini per Josh Homme, la stessa sensazione che ho provato ieri al cospetto di un paio di jam elettriche da Desert Sessions e numerose divagazioni nella psichedelia.

È chiaro che quando i Queens Of The Stone Age si accendono ce n’è davvero per pochi ed il finale con hit come ‘The Lost Art Of Keeping A Secret’, ‘Go With The Flow’, ‘No One Knows’ e ‘A Song For The Dead’ a fila ha confermato l’amore del pubblico nei loro confronti, scatenando gli animi dei ragazzi nelle prime file. Vedere la piazza così piena è comunque uno spettacolo e sono state sufficienti ‘Little Sister’ e ‘In My Head’ per stringere una forte connessione con i presenti. Al fianco del carismatico leader, ex-Kyuss, si muove sempre il chitarrista Troy Van Leeuwen, pure negli A Perfect Circle, semplicemente micidiale nel finale di set. Michael Shuman e Dean Ferita assicurano un eccellente supporto, ma a fare la differenza è soprattutto Jon Theodore. L’ex-batterista dei Mars Volta è una macchina dietro le pelli. Un motore inesauribile che regala dinamicità e potenza, oltre a tanta qualità tecnica. L’accoppiata formata da ‘If I Had A Tail’ e ‘Paper Machete’ e la clamorosa ‘Misfit Love’ hanno evidenziato bene tutto il suo talento.

In apertura gli inglesi The Amazons hanno dimostrato progressi importanti. I pezzi dell’ultimo lavoro in studio ‘21st Century Fiction’ funzionano dal vivo ed i ragazzi hanno maturato un’identità più definita rispetto agli esordi. Non più una rivelazione o la band da lanciare, ma una realtà solida, con un frontman di tutto rispetto come Matt Thomson.

Questa la scaletta dei Queens Of The Stone Age:

Little Sister
In My Head
Smooth Sailing
My God Is the Sun
Negative Space
If I Had a Tail
Paper Machete
Time & Place
I Sat by the Ocean
Suture Up Your Future
Misfit Love
Make It Wit Chu
Carnavoyeur
Monsters in the Parasol
Sick, Sick, Sick
You Think I Ain't Worth a Dollar, but I Feel Like a Millionaire
The Lost Art of Keeping a Secret
Go With the Flow
No One Knows
A Song for the Dead