Questa è senza ombra di dubbio una delle recensioni più difficili che abbia mai scritto in tutta la mia carriera. Non è infatti fisicamente, materialmente, oggettivamente possibile descrivere a parole quello che si vive, si sperimenta sulla propria pelle e nell’animo, lacerato da emozioni multiple e quasi sempre dolorose, assistendo ad una esibizione dal vivo degli Hatari. Il progetto parallelo di Einar Stéfansson dei Vök, per l’occasione munito di maschera bdsm e trasformato in un automa meccanico dietro pelli e pad elettronici, è quanto di più assurdo possa proporre il mercato musicale in questo momento. Roba da far impallidire i Priest di ‘New Flesh’, i primi Rammstein, tutte quelle entità harsh-ebm che hanno dominato i dancefloor alternativi per oltre un decennio e poi sono scomparsi nel nulla quando il genere si è dissolto per incapacità di progredire creativamente. Inutile tentare altri paragoni anche perché in questo momento di band come gli Hatari in circolazione non ce ne sono: harness ovunque, un turbine di violenza e melodia, il cantato “tedesco” di Matthías Tryggvi Haraldson (frontman dagli occhi di ghiaccio e dalla uniforme impeccabile) e le influenze post punk e darkwave di Klemens Hannigan (synth, tastiere e backing vocals). Un immaginario che si traduce in quattro pezzi, già bramiamo all’idea di un full lenght che spazzi via letteralmente la concorrenza, che si insinuano nella materia cerebrale e la fottono per sempre. ‘X!’ non è la classica invettiva degli X Japan ma un tormentone da classifica ricoperto di putridume industriale e techno beat selvaggi. ‘Tortímandi’ si rivela un’ossessione. Non potrei definirla diversamente. Un’ossessione pura e semplice. Un morbo che ti prende dentro e ti viola in qualunque senso. ‘Biðröð Mistaka’ è in assoluto la traccia più sperimentale dell’EP e, con buona probabilità, quella più primordiale e dove è possibile riscontrare l’essenza del gruppo. Infine ‘Ódýr’, con la mente che va in continuazione al magnifico video girato per promuoverla, in grado di fondere elettronica nordica, filosofia, approccio marziale e sfacciata attitudine commerciale. Eppure, nell’atteggiamento tirannico e dispotico degli Hatari di commerciale non sembrerebbe esserci nulla. Non a caso giocano con i ruoli dom e sub come niente fosse e sfuggono alla stampa, rifiutano interviste e portano avanti il loro concept neoliberalista attraverso scarni comunicati. Non è dato sapere ancora quali risultati verranno raggiunti in futuro dal trio anche perché gli impegni del batterista non saranno pochi nei prossimi mesi. Di sicuro ‘Neysluvara’ è manna dal cielo. Materiale per i vostri incubi peggiori. Dance or die? Io preferisco ballare, poi fate un po' voi..