Il sottotitolo della presente recensione potrebbe essere tranquillamente “Arca ha fatto scuola”. Questo perché, prima o dopo, un po' tutti i migliori esponenti in ambito elettronico si stanno confrontando con album come ‘Xen’ e ‘Mutant’. Anche Ryan Lee West ha spinto la sua musica in una direzione differente rispetto a ‘Howl’, continuando a citare Jon Hopkins e Nils Frahm (in ‘Be Kind’ è evidente il legame tra i due) e mostrando allo stesso tempo un approccio più variegato e morboso, a tratti capace di scivolare addirittura nello shoegaze. La destrutturata ‘Unfolding’, la percussiva ‘Phantom Grip’ ma anche l’ambient sognante e cinematico di ‘Dreamer’s Wake’ riportano alla mente i primi due lavori in studio (‘IO’ e ‘Kid Velo’) mentre ‘Memory Arc’ e ‘Untravel’ risultano improntate su un linguaggio sonoro del tutto estraneo a quanto pubblicato fino adesso. Il titolo è ispirato al thriller psicologico di Ingmar Bergman, datato 1966 eppure tremendamente attuale. Elettronica pensante per menti libere, soprattutto dalla sporcizia del quotidiano, che non si fidano delle persone che hanno accanto.