Uno dei dischi più eccitanti pubblicati da Metal Blade negli ultimi anni ed un altro momento di svolta per un collettivo che rappresenta un’entità del tutto elitaria nel panorama metal internazionale. Partendo dalla passione per ambientazioni sludge e post metal, i tedeschi hanno raffinato in continuazione i propri concept, incuranti della durata degli album e di conseguenza della difficoltà di ottenere dei riscontri di vendita importanti. I musicisti coinvolti non hanno influenzato più di tanto la visione catastrofica di Robin Staps che in fase di presentazione ha dichiarato come “l’album ruota essenzialmente attorno al tempo e alla sua percezione: è l’ora di smetterla di credere che non si possa far nulla per cambiare eventi ricorrenti che crediamo essere impossibili da modificare di volta in volta”. Dopo ‘Pelagial’, i The Ocean hanno forgiato l’anello di congiunzione tra ‘Precambrian’ e ‘Heliocentric/Anthropocentric’. Un album che fonde le esperienze sonore di inizio carriera con fughe strumentali e ammiccamenti al post rock. ‘The Cambrian Explosion’ introduce una scaletta che non sente la mancanza di Luc Hess e Jona Nido ed al contrario esalta il suono di batteria di Paul Seidel ed impressiona l’ascoltatore con enormi giri di basso e vortici di chitarre. Ottimo il contributo vocale di Loïc Rossetti che in ‘Devonian: Nascent’ viene affiancato da Jonas Renkse dei Katatonia per uno degli highlights del lavoro (al pari di ‘Permian: The Great Dying’). Il suggestivo artwork è stato curato da Martin Kvamme mentre del mixaggio si è occupato Jens Bogren che si è davvero superato esaltando ogni singolo strumento senza rendere l’impatto globale confuso.