In rete si leggono varie definizioni associate ai londinesi. Si passa dal semplice post-hardcore a powerviolence e nasty hardcore ma di sicuro non serve uno scienziato per rendersi conto delle qualità di Justine Jones. Una via di mezzo tra Eva Genie dei Gather e Candace Kucsulain dei Walls Of Jericho (sentitela in ‘Force Fed’ per farvi un’idea di dove può arrivare con la sua voce) che non fa sconti in termini di brutalità e ritmo rendendo assolutamente letali gli stacchi ritmici del successore di ‘The Warmth Of A Dying Sun’, eletto album dell’anno da Kerrang!. Il passaggio da Holy Raw a Spinefarm è significativo ma d’altra parte pezzi come ‘Harsh Tooth’, ‘Dull Ache Behind My Eyes’ e ‘Reality Filter’ non sono trascurabili. Spetta alla title track, promossa con uno dei video più oscuri dell’ultimo periodo, introdurre l’ascoltatore nei meandri di un suono selvaggio e moderno, viscido e surreale, ispirato dalle migliori cose di The Dillinger Escape Plan, Converge e The Chariot ma allo stesso tempo distintivo da morire. Al di là delle doti della cantante è questo il pregio maggiore di una release che schianta in un attimo decine di dischi metalcore e deathcore tutti uguali tra loro e non sembra quasi possibile possa provenire da una scena notoriamente stantia e mediocre come quella britannica. In attesa di sudare sotto il loro palco, gli Employed To Serve sono una band da seguire con grandissima attenzione.