Un album estremamente ipnotico e evocativo, del resto come l'artwork di Elisabetta Cardella, quello con cui Cecilia Miradoli e Max Tarenzi, già fondatori dei Nomoredolls, cercano di tracciare un percorso personale nel trip hop mondiale. Per farlo si sono affidati ad uno dei produttori più famosi del genere ovvero Howie B, che in passato aveva collaborato con Marlene Kuntz, Casino Royale e Ofeliadorme. Lo scozzese si è superato, donando ai Pinhdar un potere trasversale determinante sia a livello di promozione che a livello di ascolto. L'elettronica è chiaramente protagonista, a tratti liquida e solenne ed in altri frangenti funzionale ad un'elettricità chiamata soprattutto ad accrescere il grado di tensione. In questa seconda fatica in studio c'è spazio anche per influenze differenti. 'Glass Soul' richiama infatti alla mente certe cose di Björk mentre 'Anacreonte' e 'Corri' iniziano quasi fossero pezzi dei Pink Floyd. A rendere poi unica la proposta del duo è una componente gotica, mai nostalgica o legata in maniera banale agli anni '80 come spesso succede in questi casi, che accentua le tinte tenui delle atmosfera e così facendo permette ad una sgargiante voce femminile di emergere in tutta la sua bellezza. Un album nato per salvare dalle drammatiche vicende che ci hanno toccato negli ultimi mesi e che possiede un profilo internazionale spiccato.