Il giubileo artistico di Michelle Zauner non è soltanto una delle uscite migliori di sempre di Dead Oceans – etichetta tra gli altri di Shame e Phoebe Bridgers - ma coincide con un album che traduce in melodie pop lascive e disturbanti trame elettroniche il vero significato del BDSM ovvero il concedersi totalmente ad un’altra persone ed il sentirsi estraneo a buona parte del mondo esterno. É sufficiente ascoltare ‘Posing In Bondage’, ballata che parla di solitudine e lontananza, sia fisica che psicologica, per rendersi conto dei progressi dell’artista di origini coreane, che con ‘Psychopomp’ e ‘Soft Sounds From Another Planet’ ha destabilizzato la scena indie rock internazionale. I punti di forza della proposta sono sempre una voce eccezionale ed una produzione unica, ma nello specifico si nota una ricerca maniacale nell’ottica di rendere ognuno dei dodici pezzi un potenziale singolo. In tal senso, sebbene ‘Be Sweet’, ‘Kokomo, IN’ e ‘Savage Good Boy’ siano davvero spettacolari, si fa fatica ad individuare un pezzo chiave e si rimane al contrario colpiti dall’eccellenza del materiale nella sua globalità. Inoltre, col passare del tempo, il songwriting della Zauner si è fatto sempre più cinematico e ciò potrebbe spalancare ulteriori porte in futuro. Ai curiosi, l’album esce quasi in contemporanea con il libro ‘Crying in H Mart’, nato come espansione di un breve racconto pubblicato sul New Yorker.