La notizia dell’uscita di Kaya Tarsus dalla band ha lasciato tutti di sorpresa e depresso abbastanza l’ambiente alla vigilia della pubblicazione di questo terzo lavoro in studio, registrato e prodotto da Robin Adams ed in seguito mixato da Adam 'Nolly' Getgood (Periphery, Animals As Leaders). Un vero peccato perché il successore di ‘Starve’ si rivela un eccellente ibrido tra punk, metalcore e nu metal e si impone per immediatezza e aggressività, quando si muove su territori cari a Slipknot e Vein (‘Synthetic’ e ‘Colony3’) ma anche quando gode di una pulizia sonora maggiore (‘Iron Lung’ e ‘Kept In A Box’). In attesa di vedere sul palco il nuovo frontman ovvero Harry Rule dei God Complex, ‘Something To Numb The Pain’ e ‘Open Window’ trasmettono un desiderio pazzesco di pogare e squarciare le proprie corde vocali sotto un palco bollente. Le visioni infernali di questi reietti di Dio originari del North Yorkshire rilanceranno inevitabilmente discussioni sulla consistenza della scena metalcore britannica (Architects, While She Sleeps, Bury Tomorrow..) così come non mancheranno riflessioni, più o meno lungimiranti, su come il metal moderno, tra groove insani, breakdown ripetitivi e un pizzico di elettronica, stia cercando, soprattutto nel Regno Unito, di guadagnarsi ulteriore credibilità (Pupil Slicer, Employed To Serve, Vexed..). Qualunque sia la verità, i Blood Youth hanno dato alle stampe un disco grandioso, da ascoltare dall’inizio alla fine e chiamato a chiudere un’era.