Un basso e una chitarra che creano cupe dissonanze, la batteria che picchia duro e le voci di Alessia Masi e Margherita Bencini che si intrecciano virtuose. Inizia così il terzo lavoro in studio dei pratesi, in passato già a livelli elevati con ‘Sabba’ e ‘The Disguises Of Evil’, e subito si evince una personalità fuori dall’ordinario, non solo in termini di songwriting e arrangiamenti ma anche nella capacità di creare atmosfere oscure e disturbanti e di proporre un’immagine credibile e moderna, in totale contrasto con l’attuale tendenza all’appiattimento culturale. È sufficiente aprire togliere il cd dalla confezione per imbattersi in un diamante, in solenne bianco e nero, e comprendere di avere tra le mani qualcosa di veramente prezioso. ‘Persone Vuote’ e ‘Resti Qui’ sono due singoli da brividi ma in una scaletta priva di filler troverete retaggi degli anni ottanta (tanto Depeche Mode e Bauhaus quanto CCCP e Disciplinatha), visioni contemporanee (Tool, Korn e System Of A Down) ma soprattutto una unicità espressiva disarmante. Il cantato è diretto eppure leggiadro, poetico e letale, in perfetta sintonia con una sezione strumentale che non permette reazione alcuna a chi si pone all’ascolto. Siamo al cospetto del classico disco che se arrivasse dagli Stati Unito o dal Regno Unito verrebbe proclamato come il capolavoro assoluto in grado di riscrivere la storia della musica, eppure la lingua madre funziona alla grande e dimostra come si possano produrre grandi canzoni anche in Italia, senza per questo doversi necessariamente sottomettersi alle regole del mercato. I Bluagata suonano potenti e originali, urgenti e viscidi. Ballabili quando i sintetizzatori impazziscono in ‘Palazzi’. Addirittura schizofrenici nella micidiale ‘Liberati’. Proprio quello che serve per non rimanere oppressi da uno stato sociale andato a puttane. Aggrappatevi con forza alla loro forza e andate a vederli dal vivo prima possibile perché una bomba del genere non deve restare inesplosa.