Sono mesi che aspetto di potervi parlare di questo disco e quindi avevo già questa recensione in testa da tempo. Già scritta. Già memorizzata. Tutta nella testa. Poi però sono andato a Parigi, per il compleanno di mio figlio, e sono andato in uno dei pochi negozi di musica seri rimasti nella capitale francese. In quel negozio ho acquistato una copia limitata dell’ultimo album dei Depeche Mode ma questo è poco importante. Ciò che conta è che mi sono messo a cercare rarità dei Pleymo, una band che fa parte dei miei ascolti da quando ancora non sapevo se avrei fatto il giornalista per tutta la vita. In quegli scaffali ho scoperto una sezione dedicata solo al crossover con i Rise Of The Northstar in grande evidenza. Per carità, non è così strano visto che sono una delle band di punta dell’etichetta fondata da vecchi dirigenti della Nuclear Blast, ma sinceramente non ho visto così spesso una sezione dedicata al crossover. ‘Showdown’ è crossover al mille per mille. Lo è sia in senso moderno, con divagazioni improvvise nel djent o nel beatdown hardcore di ultima generazione, sia in senso antico, con porzioni enormi di pezzi che potrebbero essere prese di netto dai capolavori degli anni novanta. Non avrebbe senso fare classifiche o paragoni tra ‘Welcame’, ‘The Legacy Of Shi’ e questo terzo lavoro. Un po' perché parliamo di tre macigni non indifferenti, in grado di fare rabbrividire decine di formazioni americane e australiane in prima linea in termini di frastuono e cattiveria, e un po' perché l’evoluzione del sound della band è stata considerevole. Quello che non è cambiato è l’impatto totale, assoluto, deflagrante della musica dei Rise Of The Northstar. Una musica che evoca il prezioso immaginario culturale pop giapponese, col quale siamo tutti cresciuti, e le botte che abbiamo sempre preso ai concerti Hatebreed o Biohazard. Richiama alla memoria lo scenario nu metal di fine anni novanta (Korn, Limp Bizkit, Slipknot…) così come gli shonen manga, gli anime, quelle battaglie epiche ed incredibili che Tetsuo Hara ha pensato per Ken Shiro e la generazione di Hokuto. In tal senso il “ta-ta-ta-ta” dell’opener ‘The Anthem’ è semplicemente clamoroso. ‘Third Strike’ e ‘One Love’, due bombe niente male, hanno scaldato ulteriormente l’attesa anticipando l’uscita e mostrando una grana di chitarra tipicamente thrash con groove muscolari pazzeschi di contorno. ‘Crank It Up’ e ‘Raijin’ sono i due pezzi in cui si percepisce in misura maggiore quanto sia stato importante il lavoro in fase di mixaggio di Johann Meyer (Gojira), capace di esaltare la chitarra solista di Eva-B almeno quanto il drummin’ ossessivo di Phantom. Quello che poi esce dal microfono di Victor “Vithia” Leroy è pura manna dal cielo per tutti gli appassionati di hip hop old school. In attesa di rivederli in tour, un acquisto obbligatorio, anche per come è stato curato il prodotto in tutti i suoi aspetti, e già da adesso uno dei titoli dell’anno.