Quella dei danesi è una delle forme di black metal moderne più interessanti di questo periodo e non credo sia corretto analizzare il successore di ‘Skyggespil’ soltanto dal punto di vista sonoro. Siamo infatti al cospetto di una profonda riflessione sullo stato di disagio in cui viviamo, sulla pressione disumana che il genere umano subisce dalla società e le improvvise note di pianoforte o gli stacchi più rock n’ roll del disco non fanno altro che accentuare il contrasto tra solitudine e caos, tra depressione e desiderio di emergere. L’iniziale ‘Vishedens Ulidelige Lethed’ è tagliata in due da uno spettacolare assolo di chitarra mentre ‘Luk Dine Øjne’ e ‘Ulægelige Sår’ sono più grezze e selvagge. Sono evidenti in ogni caso i progressi in termini di produzione con Frederik Brandt Jakobsen (Disillusionist, Dynablaster) capace di comprendere l’essenza nel duo e di rendere il sound più pulito e internazionale senza per questo scendere a compromessi. Nella biosheet si legge che gli Angstkríg desiderano porre l’ascoltatore in una grande oscurità sonora, che attinge soprattutto dal black norvegese, dalla melodia svedese, dal groove danese e dalla malinconia islandese. A sorprendere sono però soprattutto le collaborazioni con l’ex Aborted Mendel, Nils Courbaron dei Sirenia, Carl Mörner Ringström ed il rapper Jøden. A dimostrazione che delle “scene” in realtà se ne fregano abbastanza.