Un percorso artistico davvero magico quello che ha contraddistinto la formazione russa, autrice di un pagan metal di assoluto spessore che poco ha a che vedere con la proposta scontata e derivativa dei primi tempi (‘Goi, Rode, goi!’). A partire da ‘Yav’ infatti gli Arkona hanno letteralmente svoltato, smettendo di girare attorno ai soliti riff e ricercando un sound sempre più personale ed evocativo. Prima è arrivato ‘Vozrozhdenie’, da molti considerato il loro capolavoro, e poi ‘Khram’ ed entrambi i dischi hanno permesso a Napalm Records di lavorare in maniera egregia a livello promozione contribuendo ad allargare la fanbase al di là degli appassionati di folk e black metal (‘Ydi’ e ‘Mor’). Adesso giunge nei negozi ‘Kob’, che sa tanto di consacrazione internazionale. I suoni sono perfetti, il concept “illuminato” e le parti vocali di Masha si incastrano a meraviglia in un tessuto strumentale in cui giocano un ruolo fondamentale anche le linee di synth e basso. La title track e ‘Ugasaya’ sono probabilmente gli apici di una scaletta coesa e robusta, ricca di partiture cinematiche e acustiche alternate con stacchi rabbiosi destinati a spaventare dal vivo. Ancora una volta, i musicisti si tuffano negli oscuri reami della filosofia e delle visioni della talentuosa cantante sul futuro dell'esistenza moderna dell'umanità mentre dipingono la loro musica alla luce di leggende e mitologia. Quando i ritmi rallentano pare davvero di essere in una dimensione ancestrale e quanto improvvisamente accelerano emerge la solidità di una line-up che si è arricchita dopo l’ingresso del batterista Alexander Smirnov. Un prodotto interessante sotto tutti i punti di vista, capace di ispirare studi filosofici o semplicemente di spingere ad approfondire la conoscenza del genere grazie a copertina e liriche, nella speranza che il conflitto con l’Ucraina termini il prima possibile. Purtroppo il parallelo con la crociata del vescovo Absalon e del re Valdemar il Grande di Danimarca è alquanto triste.