Nutro timore a scrivere questa recensione. Non vorrei che il disco venisse rinviato nuovamente. ‘The Queen Is Not Dead’ è stato infatti negli archivi fin troppo a lungo ed i numerosi motivi che ne hanno ritardato l’uscita, di natura personale, legati ad un’industria musicale sempre più precaria e perfino all’igiene pubblica, dovrebbero fare riflettere su quanto sia difficile fare il musicista al giorno d’oggi. In ogni caso siamo arrivati alla fine e finalmente posso parlarvi di una manciata di canzoni, scusate ma a definirle cover proprio non riesco, che si collocano in maniera magistrale nella preziosa discografia di Simone Salvatori. Prima ‘Armageddon Gigolo’ lo ha gettato con forza nel calderone della musica neofolk, poi lavori come ‘Rotten Roma Casino’ e ‘Open Wounds’ lo hanno consacrato come artista completo, capace di muoversi su più territori sonori senza mai smarrire l’attitudine degli esordi. A cinque anni da ‘Amor Braque’, il tour che lo ha visto omaggiare gli Smiths si traduce in un doppio album - da possedere a tutti i costi nella meravigliosa edizione in vinile realizzata dall’etichetta tra gli altri di Lantlôs, Tenhi e Alcest - nel quale le intuizioni di Johnny Marr ed il macabro e inconfondibile tono di voce di Morrissey diventano spunto per spingersi ad un livello ancora superiore. Questo è infatti un album di Spiritual Front a tutti gli effetti. L’interpretazione di ogni singolo arrangiamento è talmente personale da trasmettere una totale presa di coscienza di ciò che è stato e di ciò che avverrà. Le versioni di ‘There Is A Light That Never Goes Out’ e ‘The Boy With The Thorn In His Side’ avrebbero potuto stare benissimo su ‘Open Wounds’ senza che nessuno potesse obiettare niente. A volte il leader sottolinea la gravità della voce o la profondità di certe atmosfere mentre in altri frangenti la band, completata dal chitarrista Francesco Conte e dal batterista Andrea Freda, si fonde con una squadra di archi da brividi, quasi tutta al femminile peraltro. Un goticume che schianta, una visione della morte che accelera la ricerca di uno spazio mentale nel quale riconciliarsi con la propria malandata esistenza ed un verbo che non si è affatto scolorito dal momento in cui il gruppo di Manchester si è imposto sul mercato. La lista dei crediti è parecchio estesa e tra gli ospiti spiccano Jairo Zavala (Calexico), Sasha Boole (Me And That Man), Traci Danielle (My Life With The Thrill Kill Kult), Michal Stepien (Mgła) ed un certo Steve Lyon (Depeche Mode, The Cure), che si è occupato del mixaggio, ai The Panic Button Studios di Londra, dopo aver lavorato di recente anche con The Elephant Man. ‘How Soon Is Now?’, ‘Girl Afraid’ ed il trittico formato da ‘Barbarism Begins At Home’, ‘What Difference Does It Make?’ e ‘Please, Please, Please Let Me Get What I Want’ sono altri apici di una scaletta avvolgente, capace di farci tornare ad un’epoca in cui la musica valeva ancora qualcosa ma allo stesso tempo di rammentarci quanto unica sia la proposta del progetto romano.