Al di là della curiosità di essere padre, figlio e zio, il trio marchigiano sa suonare davvero. La base è un rock psichedelico con divagazioni nel noise e nel jazz che rendono l’ascolto intrigante. I quattro movimenti che costituiscono ‘Ventre’ – definito in fase di presentazione come un'immersione nell'estremo delle profondità terrene e cosmiche - scorrono senza annoiare, nonostante l’assenza della voce, e segnano progressi importanti rispetto ad altri lavori del passato come ‘Discipline’ e ‘Natura’ (ma anche lo split con The Great Sounites). A tratti la formula dei Palmer Generator sembra quella delle tipiche post-rock band ma poi, col passare dei minuti, si avverte il desiderio di uscire dai canoni e sporcare la materia sonora il più possibile. Quanto le ritmiche si avvicinano al math - soprattutto grazie al pressante incedere dietro le pelli di Mattia Palmieri che è responsabile dell’oscuro artwork - non possono non venire in mente Don Caballero o Shellac, quando invece emerge la matrice stoner è facile individuare i Kyuss come influenza basilare, ma la verità è che i Palmer Generator non hanno bisogno di troppi “appoggi” importanti. Vanno per la loro strada, sanno picchiare duro e tracciare aperture di stampo onirico. Le registrazioni si sono svolte due anni orsono sotto la supervisione di Alessandro Gobbi, che si è occupato pure di mixaggio e masterizzazione, ed il terzo movimento è quello che a mio parere li distingue maggiormente.