I The Gaslight Anthem rappresentano uno dei classici esempi americani, in cui i componenti che ne fanno parte sono cresciuti a pane e Bruce Springsteen. Non è un caso che il Boss li apprezzi tanto, a tal punto da chiamarli e chiedergli di scrivere una canzone dove potesse partecipare come ospite d’onore. I ragazzi, capitanati da Brian Fallon, dopo un comprensibile momento di smarrimento, non si sono persi d’animo e hanno confezionato il brano “History Books” che dà anche il nome all’album, dove a parteciparvi vi è proprio l’autore di “Born In The U.S.A.”. La traccia risponde chiaramente a quelle che sono le influenze e i diktat storici del loro maestro, così come tutto il platter che si sposa bene con certe sonorità che hanno anche in gente come i primi Goo Goo Dolls, gli R.E.M. e i Grant Lee Buffalo altri portabandiera importanti. In sostanza, è musica alternativa a tratti (“Spider Bites”) e mainstream in casi diversi (“Little Fires”), ma che non ha il fuoco dentro e, soprattutto, non presenta tracce memorabili. I succitati artisti, nel corso della propria carriera, hanno saputo confezionare dischi e canzoni che sono passate alla storia ed ancora oggi ce le ricordiamo. Per i The Gaslight Anthem, invece, ci sembra che il discorso si sia incamminato verso un cammino contrario, dove il piattume e la mancanza di spunti di rilievo la fanno da padroni. “The Weatherman” è una ballad insipida ed ascoltata mille volte su altre frequenze, mentre “I Live In The Room Above Her” si rivela, attraverso l’uso di qualche distorsione, un maldestro tentativo di alzare i toni. La noia che prevale ovunque trova poi il suo culmine nella conclusiva “A Lifetime Of Preludes”, in cui si cerca di far collimare la tradizione cantautorale del Boss con quella del country. Insomma, dopo aver ascoltato “History Books”, la cosa più naturale da fare è andarsi a prendere un qualsiasi disco di Tom Petty e riconciliarsi immediatamente con l’arte.