‘Bleed Out’ è un disco molto importante per gli olandesi, che per vari motivi negli ultimi anni sono usciti un po’ dai riflettori. Lo è soprattutto perché, una volta aggiornato il proprio sound con il precedente ‘Resist’, la band adesso si muove in territori modern metal, con retaggi del passato ma anche spunti melodici decisamente diversi e tanta elettronica alla base della sezione ritmica. A colpire non sono però solo i suoni oppure, sarà banale dirlo, la voce di Sharon Den Adel, ma anche i testi che fanno riferimento ad argomenti toccanti come il conflitto in Ucraina o i diritti delle donne calpestati in Iran. A differenza di quanto potrebbero pensare tutti gli appassionati di symphonic metal invece ‘Ritual’ è stata composta pensando a Dal tramonto all’alba di Quentin Tarantino. Uno spettro di influenze molto vario, tanto che il riff della title track è una via di mezzo tra Korn e Periphery. Avrete capito che dei Within Temptation del passato c’è poco in ‘Bleed Out’, presentato col magnifico artwork a cura di Anato Finnstark, e proprio per questo probabilmente è così interessante. Pur poggiandosi su computer e tecnologia, l’evoluzione sonora risulta piuttosto naturale e le robuste linee melodiche fanno il resto, trasformando ogni pezzo in un potenziale singolo e facendo di tutto per non assimilare il gruppo alle icone del settore. Tanto che invece di avere il classico featuring con una cantante dell’ambiente, in ‘Shed My Skin’ appaiono gli Annisokay. Le chitarre sono tre (Ruu Jolie, Robert Westerholt e Stefan Helleblad), le tastiere di Martijn Spierenburg recitano un ruolo determinante e Sharon si supera in ‘Wireless’ e ‘Don’t Pray For Me’. Resta da capire come verranno trasportate dal vivo le tracce, considerato che, in certe nazioni ancora più che da noi, il pubblico dei concerti non sta progressivamente ringiovanendo quanto si potrebbe pensare.