Questo è un disco che sarebbe piaciuto tanto a Frank Kozik, il compianto proprietario della storica Man’s Ruin Records e vero e proprio missionario dello stoner rock. Eccome se gli sarebbe piaciuto. Con il loro secondo lavoro in studio, prodotto come dio comanda e immesso sul mercato con un’evocativa copertina, i pugliesi infatti ci asfaltano con bordate heavy psych e noise, a volte addirittura al limte dello sludge (‘To The Boy Who Sought Freedom, Goodbye’), e psichedelia in quantità esagerata. A differenza di tanti dischi, spesso provenienti dall’estero ma anche dalla nostra scena - che comunque può vantate formazioni di valore come Ufomammut, Void Of Sleep. OJM, Giobia, ecc.. - ‘Lazarus Taxa’ possiede un’impalcatura solida ma mai banale. C’è poco di scontato in scaletta e pezzi come ‘Neopsy’ e ‘P38’ possono vantare un feeling live disarmante. In rete ho letto paragoni con i Motorpsycho e riferimenti ad altre icone del genere, ma in tutta sincerità il magma sonoro viscerale e cinematico del quartetto vive di energia propria, è cresciuto col tempo e si è evoluto fino a superare in potenza e creatività (‘Antonio, Ragazzo Delfino’ e ‘A Pilot With No Eyes’) il già avvincente esordio di due anni orsono. Se avete amato ‘Cargo Cult’, allora non aspettate mezzo minuto in più e fate vostra una copia di ‘Lazarus Taxa’. Se al contrario non avete idea di chi siano i Turangalila, fatevi un regalo e scoprite una delle realtà emergenti più interessanti del nostro panorama rock underground.