Di quest’album si è parlato meno del previsto. Vuoi per l’assenza di Steve DiGiorgio, vuoi perché diciassette anni di silenzio discografico sono tanti e vuoi perché in certi passaggi pare di ascoltare un gruppo black invece che il solito monumento thrash-death dei tempi d’oro, il riscontro ottenuto dal successore di ‘Out For Blood’ non è stato quello che un po’ tutti si attendevano. Non siamo al cospetto di un brutto disco, anzi si sente che Darren Travis e Jon Allen ci hanno messo l’anima e Juan Urteaga (Cattle Decapitation, Testament) deve essersi divertito molto ad assemblare tutto il materiale, tanto che ha registrato pure le backing vocals nella spiritata ‘Anarchy’. È evidente però che qualcosa manchi perché al fianco di pezzi potenti come ‘Scorched And Burnt’ e ‘It’s The Sickness’ ce ne sono altri che impressionano meno. Con il lyric video di ‘Ride The Knife’, Nuclear Blast ha provato a rendere la proposta più appetibile alle nuove generazioni, ma sinceramente non credo che i Sadus abbiano bisogno di una sorta di attualizzazione. Il loro passato è indiscutibile e, senza cadere in discorsi retrogradi, in tanti, se non troppi, preferirebbero che non venisse intaccato. Sull’opportunità o meno di certe considerazioni si potrebbe discutere a lungo, però è palese che ‘The Shadow Inside’ sia stato inficiato da questi aspetti. Aggiungerei anche che, dai Sadus, un disco tra i migliori in ambito estremo dell’anno probabilmente non è sufficiente. Se DiGiorgio, ancora impegnato con i Testament, dovesse rientrare potrebbe scattare di nuovo qualcosa e, in tal caso, il presente full lenght sarebbe una buona base da cui ripartire.