La separazione tra Mick Mars e i Motley Crue è stata molto chiacchierata e, probabilmente, anche dolorosa, viste le polemiche che sono conseguite dopo il licenziamento dello storico chitarrista. Mars, pur non mandandole a dire ai suoi ex compagni di battaglia, non si è perso d’animo e si è messo sotto per far uscire nuova musica che aveva scritto nel corso degli anni ed aveva tenuto nel cassetto. Il risultato di tanto impegno è questo “The Other Side Of Mars” che, da un punto di vista delle sonorità, non ha nulla che lo possa collegare con la sua storica band (al massimo qualche punto di contatto lo si può riscontrare con il progetto solista di Nikki Sixx). Qui ci muoviamo in maniera netta e incontrovertibile nel territorio tipico dell’alternative metal e di gente come gli Alter Bridge. I musicisti che accompagnano Mars sono notevoli, a partire da Ray Luzier che offre le sue mirabili prestazioni dietro le pelli. Alla voce troviamo il “carneade” Jacob Bunton che è presente in quasi tutti i brani, ad eccezione di un paio che sono stati cantati da Brion Gamboa (“Killing Breed” e “Undone”), mentre un ruolo importante lo riveste il tastierista Paul Taylor (Winger) che ha dato il suo contributo anche in fase di scrittura. Il tutto, poi, è stato suonato e registrato sotto l’occhio e l’orecchio vigilie dello storico produttore Michael Wagener, un nome e una garanzia per chi conosce appieno la storia dell’hard rock. Sulla bontà del disco che cosa possiamo dire? Non moltissimo, nel senso che le canzoni che sono state incise non risultano epocali. Probabilmente le perle migliori Mars le realizza con le tracce più lente quali “Alone” e “Killing Breed” che hanno in sé la forza della melodia e la giusta dose di pathos che non lascia indifferenti. Meno riuscita, a nostro avviso, è l’accoppiata iniziale formata da “Loyal To The Lie” e “Broken On The Inside” che appaiono anonime e prive di guizzi interessanti. Le cose vanno molto meglio con “Memories”, la canzone, probabilmente, più bella del lotto: il piano suonato da Taylor la fa da padrone e gli arrangiamenti orchestrali sono ben curati, con Bunton che dimostra di essere un cantante di buona fattura. La sua andatura lenta e malinconica ci regala un affresco in chiaroscuro che in passato non era stato mai dipinto in casa Crue. Il registro cambia notevolmente con la seguente “Right Side Of Wrong”, uno spaccato tipicamente post grunge appartenente a gente come Adema e Staind e dal ritornello incisivo come pochi. Per il resto non si registrano colpi di coda da far sobbalzare dalla sedia l’ascoltatore. “Ready To Roll” è un mid tempo duro e rallentato che ha un’interessante apertura melodica rovinata successivamente da cori in stile heavy metal, mentre “Undone” è uno di quei pezzi in cui l’intreccio tra elettronica e metal non pare sposarsi con il copione giusto. Molto meglio è, invece, “Ain’t Going Back”, con la band che viaggia spedita e ci consegna una composizione degna di tal nome. Chiude il cerchio lo strumentale “La Noir” che non aggiunge niente di più a quanto scritto sino ad ora. Insomma, con questo lavoro Mars si è voluto divertire e ha cercato di far capire a tutti di essere la parte più rock dei Motley Crue. In molti lo pensavano o lo sapevano, anche se oggi tutto è stato certificato con questo suo esordio che, per la stima e il bene che gli vogliamo, tocca a stento la sufficienza.