Dopo ben nove anni di silenzio assoluto, ritornano sulle scene i tedeschi Pussy Sisster con un disco che ci riporta indietro con la testa alla memorabile scena glam di Los Angeles, ovvero quella notissima degli anni ottanta. La band teutonica, abile e brava a riproporre certe atmosfere che potrebbero sembrare stantie e passate di moda nel 2024, confeziona un come back che, alla fine dei conti, risulta deludente e poco accattivante. Le note negative si sintetizzano in un concetto molto semplice: in questo lavoro le canzoni sono carenti soprattutto da un punto di vista della melodia, nel senso che risultano costruite bene, ma mancano dello spunto importante in sede di ritornello che te le faccia ricordare da ora a qualche mese (non diciamo a qualche anno, perché sarebbe decisamente troppo). Il cantato, inoltre, rievoca quello dell’ultimo Stephen Pearcy, sfiorando, a volte, l’identicità più assoluta, ma ciò non è un dato positivo, visto che l’ex cantante dei Ratt in questo ultimo periodo non appare più brillante come un tempo a causa di un’età che non è più giovanile. In tutto questo, ritornando alle canzoni, si passa dall’opener “On The Run” alla titletrack senza che ci siano dei sussulti per i quali valga la pena di sbattere il piede per terra o di ritornare all’ascolto immediato. Tutto scorre velocemente, ma è tremendamente noioso il risultato finale. Dinnanzi a dei ritorni del genere, è consigliato andare a riprendere un qualsiasi album dei Ratt (potete scegliere voi quale preferite) e capire che l’originale è sempre meglio delle copie. Se poi queste ultime sono anche sbiadite, è allora fondamentale passare subito avanti, alla ricerca di qualcosa che possa davvero colpire e, si spera, anche emozionare. Ritornando a monte, possiamo dire che, forse, era meglio il silenzio che questa insipida riapparizione sulla scena.