01. Some Loud Thunder 02. Emily Jean Stock 03. Mama Won’t You Keep Them Castles In The Air And Burning 04. Love Song No. 7 05. Satan Said Dance 06. Upon Encountering The Crippled Elephant 07. Goodbye To Mother And The Cove 08. Arm And Hammer 09. Yankee Go Home 10. Underwater (You And Me) 11. Five Easy Pieces
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01. Some Loud Thunder 02. Emily Jean Stock 03. Mama Won’t You Keep Them Castles In The Air And Burning 04. Love Song No. 7 05. Satan Said Dance 06. Upon Encountering The Crippled Elephant 07. Goodbye To Mother And The Cove 08. Arm And Hammer 09. Yankee Go Home 10. Underwater (You And Me) 11. Five Easy Pieces
Un’altro graditissimo ritorno, in questo inizio 2007 pieno di nuove uscite, è quello della voce di Alec Ounsworth e dei suoi Clap Your Hands Say Yeah. Fenomeno newyorkese DIY del 2005, esempio eclatante della potenza planetaria dell’hype virtuale nell’era del Web 2.0, i CYHSY hanno saputo conquistarsi un buon seguito di appassionati nel panorama indie internazionale grazie all’album omonimo. Adesso, con ‘Some Loud Thunder’, le coordinate dell’esordio vengono corrette quanto basta per non ricadere in una stucchevole ripetizione senza snaturare le loro caratteristiche.
La title-track, con il suo forte retrogusto punk-wave a bassissima fedeltà, è molto più di un richiamo alle origini, è proprio un salto indietro nel tempo, a sonorità di 25 anni fa ma quanto mai attuali, sulle quali Ounsworth riprende imperterrito ad intrecciare le sue linee vocali sgraziate a metà tra David Byrne e Thom Yorke; ‘Emily Jean Stock’ riprende le melodie cristalline degli esordi schizzandole a tratti con intermezzi acidi di chitarra e batteria; l’idea che prende piede, sentendo tracce come ‘Mama Won’t You Keep Them Castles In The Air And Burning’, è che la struttura di base della musica dei CYHSY sia rimasta sostanzialmente la stessa (commistione tra folk-pop e new wave), ma che l’attenzione si sia spostata dalla ricerca di melodie e riff orecchiabili fin al primo ascolto verso un approccio più maturo e meno immediato, come ad esempio l’ammaliante ‘Love Song No. 7′.
Subito dopo giunge l’incalzare inquieto di basso e batteria condito di effetti elettronici, di glitch e pianoforte impazzito, l’organetto psichedelico che si infila nelle pieghe, il ritornello ossessivo, il finale in crescendo: ‘Satan Said Dance’ è il singolo dal tiro esplosivo che si incastra perfettamente nel mosaico di ‘Some Loud Thunder’, un album che va in direzione opposta rispetto al concetto di album-contenitore, un album compatto dove le singole canzoni acquistano valore dall’ascolto d’insieme.
Si passa infatti dalle suggestioni parigine delle fisarmoniche di ‘Upon Encountering The Crippler’ ai petali elettronici dal sapore orientale che costellano gli arpeggi voluttuosi di ‘Goodbye To The Mother And The Cove’ prima del crescendo finale, dell’organetto che accompagna il melodramma della voce di Ounsworth a ritmo di marcia. La dissonante ‘Arm And Hammer’ è una malata ed indolente cantilena che fa da contraltare al blues sornione di ‘Yankee Go Home’; ‘Underwater (You And Me)’ fa dell’incedere gioioso il suo punto di forza, mentre la finale ‘Five Easy Pieces’ è una lunga passeggiata a mezz’aria, con le melodie che si espandono e sconfinano nel dream pop. L’effetto sorpresa è finito: i Clap Your Hands Say Yeah non hanno la minima intenzione di essere delle meteore e lo dimostrano ampiamente.