Non avendo mezzo secondo per andare al cinema non ho ancora avuto la possibilità di ammirare il secondo capitolo di Dune di Denis Villeneuve, ma le aspettative sono altissime. Nel frattempo ho però potuto ascoltare il nuovo lavoro del gruppo progressive-post metal scozzese e devo ammettere di essere rimasto sorpreso da tanto estro. Avevo già apprezzato i precedenti ‘Asheran’ e ‘Etemen Ænka’, ma stavolta il gruppo guidato da Dan Barter si è davvero superato, mettendo leggermente da parte la componente sludge ed esaltandosi in una miscela di chitarre vertiginose, stacchi ritmici furibondi e riff che potrebbero essere presi in prestito dai Mastodon o dei Cult Of Luna ma che possiedono ugualmente un groove mostruoso. Dudley Tait è spaziale dietro le pelli e l’alternanza tra voce pulita e sporca permette di godere al massimo del contenuto lirico di natura sci-fi. L’unico cambiamento di line-up ha riguardato le tastiere, di cui adesso è responsabile Maxime Keller, e la produzione è attuale ma non per questo plastificata. Al contrario pezzi come ‘Eleonora’ (“Desideri nebulosi avvolti nell'etere. Arrendersi serenamente all'ignoto.” e ancora “Lascia che ti mostri gli occhi dei tuoi antenati, lasciami guidare con otto braccia conserte. Promettimi la tua devozione..”), ‘Reliquary’ – un po’ Troy Sanders e soci e un po’ Tool – e ‘Pleroma’ potrebbero crescere ulteriormente in sede live tanta è la loro organicità. Il profilo tecnico dei musicisti non inficia mai l’efficacia delle melodie e l’etichetta fondata da Brian Slagel si ritrova in catalogo un disco che potrebbe influenzare in maniera significativa l’evoluzione di un movimento che affonda le proprie radici nella musica degli anni settanta e che da un paio di decenni a questa parte non ha più timore di contaminarsi del metal più aggressivo e moderno.