Smettiamola di essere iprocriti e far finta di niente. Per fare del grande symphonic metal servono sicuramente le idee, un songwriting di valore e una produzione moderna ed efficace, ma soprattutto servono le voci. Troppe volte ci siamo imbattuti in dischi di spessore penalizzati da una voce poco originale o addirittura sospetta e artificiosa. In tal senso il secondo lavoro dei tedeschi sorprende in positivo e si mette alle spalle buona parte delle uscite di settore degli ultimi anni. Ne sono passati sei dall’esordio su lunga distanza ‘Until Dawn’ e nove dal mini ‘Spellbound’, ma gli Elvellon ora sono pronti a conquistarsi un posto di rilievo nella scena, anche grazie al supporto di un’etichetta sempre più importante come Napalm. Fin dall’opener, l’orchestrale ‘Unbound’, si rimane ammaliati dalle qualità canore di Nele Messerschmidt, che a volte approfitta di qualche rallentamento per poi esplodere in tutta la sua potenza ed in altri casi si adatta ad un profilo più power metal e live oriented. La sua voce illumina i testi drammatici ed evocativi, le melodie fanno subito centro e ‘A Vagabond’s Heart’ e ‘Last Of Our Kind’ sono altri esempi del prezioso risultato raggiunto in studio da una band che ormai non può più nascondersi e deve puntare con forza al mercato americano e orientale.