Il rapper Kid Bookie, al secolo Tyronne Buddy-Lee Ike Hill, ha dichiarato di aver scritto il suo terzo full lenght in uno stato di profonda inadeguatezza, esprimendo tutto il proprio amore per rock e metal. Ora, se volessimo fingere che dietro un prodotto del genere non ci fosse il duro lavoro di decine di professionisti (compresi tre produttori di grido), potremmo essere davvero perfidi e affermare che il disagio è probabilmente destinato ad aumentare. Songs For The Dead partirebbe pure bene, con il fulminante rapcore di AI (Save Yourself) che ha ben poco da invidiare alle opere migliori di Linkin Park, One Minute Silence e dei dimenticati 3rd Strike. Già la successiva Purgatory, tuttavia, è un'agghiacciante ballata acustica totalmente rovinata dalla voce di Kid Bookie, che con molta generosità si potrebbe definire stonato come una campana. Un problema che affligge altre tracce (Nothing To Believe In, Interlude 1, Self Control, Down My Friend) e affossa un album che peraltro sembra compilato frettolosamente con brani completi e semplici abbozzi di nemmeno 2 minuti. Va un po' meglio con l'ibrido rap/grunge di Scars e il pop-punk di Love Drunk, ma nel complesso questo è il classico disco che fa acqua da tutte le parti.