I tedeschi non hanno mai stupito per originalità e, ormai da diversi anni, viaggiano col pilota automatico. Le loro ultime release non hanno aggiunto niente ad una discografia improntata su un power metal statuario ed una visione singolare della religione e dal vivo continueranno a funzionare, grazie a tanto mestiere, una teatralità innata e quel tocco di gotico che permette di distinguersi dalle altre formazioni iconiche della scena teutonica. Dopo ‘Call Of The Wild’ e ‘Interludium’, la band guidata da Attila Dorn ha cercato di affrettare i tempi in studio per avere il nuovo full lenght nei negozi appena prima dell’inizio del tour americano, che potrebbe rappresentare molto in ottica futura. Per non cadere in errore, la produzione è stata affidata ancora una volta a Joost van den Broek, il materiale è abbastanza vario ma la differenza in termini di qualità tra la prima parte di scaletta e la seconda è evidente e quasi imbarazzante. ‘Sinners Of The Seven Seas’ e ‘1589’, che narra le malsane vicende del “lupo mannaro” di Bedurg, non impiegheranno molto a diventare dei classici dal vivo ma di pezzi insulsi come ‘Kyrie Klitorem’ e ‘We Don’t Wanna Be No Saints’ sinceramente non avevamo bisogno.