Morte o gloria. Oblio o celebrità. Alienazione o rinascita. Il destino di tutte le band è racchiuso in questo nuovo fantastico lavoro con cui il trio originario di Las Vegas potrebbe essere ripagato di tutti i sacrifici degli ultimi anni. Nonostante la pioggia incessante, il loro recente concerto di Bologna è stato spettacolare, a dimostrazione che le scelte in termini di songwriting e produzione stanno viaggiando di pari passo alle esigenze di una dimensione live che si è evoluta in maniera spaventosa. Non solo i tre fratelli hanno saputo spingere le proprie performance ad un livello superiore ma adesso possono contare sul materiale più vario di sempre. ‘Death Or Glory’ è un album che cattura il caos e lo spirito del tour ed abbraccia uno spettro di sonorità decisamente vasto. Un album per chi sa cosa sono la paranoia e la solitudine, per chi ascolta musica con la mente aperta, per chi ama la musica moderna però non disdegna rimandi agli anni ‘70 e ‘80 e le produzioni ricche di elettronica in stile r&b. Alle influenze garage e glam degli esordi si sono aggiunti elementi alternative rock e mainstream pop per un suono colorato e potente, viscerale ma perfetto per le radio ed i servizi streaming. Dodici inni alla resilienza ed alla scoperta di sé stessi a testimonianza di un grandioso viaggio di trasformazione. Dodici canzoni da consumare in un attimo eppure scritte per durare a lungo e lasciare il segno. Il frontman Remington Leith è ormai una stella di prima grandezza e nei video promozionali, girati pure nel nostro paese, le fan possono vederlo a nudo come nei loro sogni più proibiti. In realtà si è messo ancora più a nudo vocalmente, passando da esperimenti come ‘Ache In My Heart’ – un po’ quello che i Linkin Park hanno fatto all’alternative metal riportato all’alternative rock – ad arrangiamenti coraggiosi (‘Just My Type’ e ‘Dark Side Of The Silver Spoon’). La title track richiama alla mente i Måneskin mentre ‘Hot Mess’ il college punk e ‘Pretty Stranger’ riassume un po’ tutto, tra chitarre pungenti, passaggi aggressivi ma anche rallentamenti maliziosi e chorus di effetto. ‘Showbiz’ è poi la descrizione migliore che sia stata fatta di recente all’intricato e deprimente universo del music business (“Another man in the Hollywood land with the shady plan gonna take advantage of you, who knew, so they kill a million dreams to get a billion streams, well hey kids, this is showbiz..”). Fare meglio di ‘Fever Dream’ era molto difficile e così i Palaye Royale hanno deciso di compiere un ulteriore passo in avanti, mettendosi alle spalle il passato e tentando una scalata che a questo punto sembra davvero irrefrenabile. Per accrescere il grado di accessibilità non c’era bisogno di scendere a compromessi. È stato sufficiente non porsi alcun limite e provare di sapere dominare la scena. Come in un filmetto bdsm, la mistress col suo schiavo.