In attesa del nuovo capitolo della saga riguardante i Dream Theater (con annesso ricongiungimento alla base del figliol prodigo Mike Portnoy), continua a non rimanere con le mani in mano il tastierista Jordan Rudess che sforna album solisti con una regolarità impressionante. Questa volta, con “Permission To Fly”, ci si allontana quasi volutamente dai classici territori prog metal che lo hanno reso famoso in tutto il mondo e si sposta in maniera consapevole l’attenzione e il focus sul formato canzone. In pratica, pur essendo sempre in primo piano l’abilità strumentale di un musicista fenomenale, si vira su territori più praticabili e meno sperimentali rispetto al passato. Il cantante Joe Payne, con la sua voce angelica, ben si sposa con il nuovo modus operandi di Rudess che ha affidato la stesura dei testi a sua figlia Ariana. Di conseguenza, troviamo tracce molto melodiche, come ad esempio la bellissima e pacata “Haunted Reverie” che pare essere uscita da una delle innumerevoli sessions di Steve Wilson. In alcuni casi si rivedono all’orizzonte i fantasmi dei Black Sabbath che incontrano il prog degli Yes come dimostra la lunga “Eternal”, piazzata a metà lavoro e che potrebbe essere identificata come l’anello di congiunzione con tutto quello che è stato suonato e scritto in passato da Rudess. Per il resto ci si imbatte in ballate godibili come “Shadow Of The Moon” e in canzoni più solide quali appaiono essere l’opener “The Final Threshold” e “The Alchemist”. Menzione a parte merita la splendida “Embers” costruita sul pianoforte di Rudess e sull’ottima ugola di Joe Payne che si rivela la vera e propria sorpresa di questo platter che potrà essere ascoltato indistintamente da chi ama il prog più estremo (si trovano chicche virtuosistiche di assoluta qualità) e da chi, invece, è più legato al formato canzone rock. Insomma ce n’è per tutti i gusti, ma quello che non manca qui dentro è la qualità, ma su questo non avevamo particolari dubbi.