Due-tre filler fanno crollare in maniera drastica il giudizio complessivo su questo terzo lavoro in studio, che avrebbe sicuramente potuto essere ridotto in durata. Il periodo di scrittura che ha seguito la pubblicazione di ‘Hell Is Where The Heart Is’ ha visto Timo Rotten addentrarsi sempre di più nel territorio di confine tra gli amati Korn e il deathcore moderno. In studio il leader ha continuato a sperimentare e con ‘Happy’ ha cercato di sviluppare derive melodiche ancora più affabili e se vogliamo commerciali. Dal punto di vista tecnico non ci sono rimostranze da fare, anche se a volte pare di trovarsi al cospetto di un progetto personale e non ad una vera e propria band, e da quello della produzione ‘Happy’ potrebbe essere tranquillamente preso ad esempio da chi cerca dei suoni potenti, incisivi e attuali. ‘Self Doubt 24/7’ e ‘Slaved To The Feed’ segnano un’evoluzione rispetto al full lenght precedente e sorprende la chiusura, un po’ progressive per certi versi e senza dubbio sperimentale, di ‘In The End There’s Always Pain’. La sensazione però è che gli Oceans siano più bravi a lavorare ad un singolo dopo l’altro invece che a creare qualcosa di coeso e funzionale nel suo insieme. Se il risultato deve essere questo, tanto vale immettere sul mercato delle potenziali hit a cadenza regolare.