Come un balzello statale annuale, arriva puntuale un nuovo lavoro in cui vi è la firma di Dug Pinnick. Questa volta, lasciati perdere i tanti progetti e le infinte collaborazioni che bollono sempre in pentola, il bassista dei King’s X (a proposito non dovrebbe essere lontanissimo un nuovo disco del trio texano) ha deciso di focalizzare la propria attenzione sulla sua carriera solista pubblicando questo “Thingmajigger” che fa seguito al più che soddisfacente “Jay Bomb” risalente, ormai, a tre anni fa. Gli ingredienti del buon Dug sono sempre i soliti, nel senso che la sua musica è infarcita di groove con chiari riferimenti agli indimenticabili anni settanta: quindi abbiamo tanto hard rock, mescolato a buone dosi di funk come dimostra il singolo apripista “Climbing Up The Mountain”. Il blues più acido lo si ritrova in “Keep On Going”, mentre i riferimenti alle cadenze dei Black Sabbath compaiono puntuali in “More Strings Attached”. Nonostante tutte le composizioni siano buone e sopra la media, c’è sempre qualcosa che pare mancare, ovvero il controcanto dei suoi sodali Ty Tabor e Jerry Gaskill che, poi, è il marchio di qualità con cui sono riconosciuti al mondo i King’s X. Ad ogni modo, il disco viaggia su coordinate melodiche interessanti, ma mai scontate. Per essere più chiari bisognerà dare un ascolto a tracce come “Let The Music Play” o “The Alarm” per capire come le canzoni necessitino di più ascolti per poter essere capite ed apprezzate appieno. Per il resto, come ogni lavoro recente di Pinnick, l’atmosfera che si respira risulta essere greve e pesante con le chitarre ribassate che fanno un lavoro sporco su cui si va ad incastonare la sua voce calda e profonda. Sul finire dell’album vengono fuori piccole perle come “The Valley” che ha un attacco alla Placebo, oltre che una prosecuzione malata ed oscura, e “Working It Out” che possiede potenza e spirito alternative in cui si fondono punk e ultimi King’s X. Insomma, chi ama questo artista colossale sa cosa trovarsi dinnanzi ad una sua nuova fatica. Qualità e talento innegabili sono sempre lì, ma la sensazione prevalente, almeno in chi scrive, è che con i suoi storici compagni di viaggio l’insieme sia superiore all’individualità che rimane, comunque, di spicco.