Gli apsidi, storicamente misurati dal centro della Terra, sono i punti di maggiore e minore distanza di un oggetto celeste dal fuoco dove giace il corpo attorno a cui esso orbita. Nella meccanica celeste il fuoco vengono anche indicati come i centri di attrazione gravitazionale, che coincide con i centri di massa del sistema. Un titolo perfetto per l’album di debutto dell’ensemble che vede protagonisti il visionario compositore e polistrumentista Lachlan Dale, il percussionista Timothy Johannessen ed il violoncellista Peter Hollo. I tre si muovono con discreta padronanza tecnica nei meandri del doom e del post-metal, citando a più riprese progetti di valore quali Jesu, Neurosis e Godspeed You! Black Emperor, ma allo stesso tempo donando al loro viaggio sonoro introspettivo e spirituale improvvisi squarci di luce, sulla falsa riga di quello che combinò Bryant Clifford Meyer degli Isis con i Palms o di certe cose dei Sunn O))) meno oppressivi e decadenti. In ogni caso ‘Apsides’ riesce a trasmettere una grande carica emotiva a chi si pone all’ascolto, anche grazie al mixaggio di Tim Carr (We Lost The Sea) che ha ritagliato uno spazio importante agli archi. Gli australiani si sono avvalsi pure dell’apporto di Jessika Kenney (Kayo Dot, Wolves In The Throne Room), sua la voce in ‘Descent’, ‘Ambit II (Aphelion)’ e ‘Occultation’ ed a registrare le sue parti è stato il mitico Randall Dunn agli Aleph Studios di New York. Una gemma sperimentale che tra qualche anno potrebbe essere rivalutata. Per il momento, auguriamoci che i Black Aleph siano in grado di portare dal vivo il più possibile queste sette tracce, magari fondendo con la musica un impianto visivo importante.