È decisamente insolito recensire dischi che arrivano direttamente dalla Spagna, ma in certi casi bisogna opportunamente fare delle eccezioni, come nel caso dei madrileni After Lapse. Il loro prog rock, infarcito di elementi che ci riportano indietro con la mente e con il cuore ai Dream Theater, si lascia ascoltare ben volentieri e la conferma ci arriva direttamente da questa nuova fatica (“Pathways”) uscita per la nostrana Frontiers. Per capire meglio il territorio d’azione in cui si muovono gli iberici si può ascoltare “Clones”, singolo accompagnato da un bel video, per rendersi conto come le coordinate sonore siano molto chiare: riff granitico di chitarra, tastiera in grandissima vista e voce che ha qualcosa che la collega a quella di artisti come James Labrie. Insomma, si tratta di un ottimo biglietto da visita che viene replicato da “Thanks, But No Thanks”, altra traccia caratterizzata da un gioco notevole di riff chitarristici e suoni delle tastiere che fanno da introduzione ad una specie di funky metal che poi sgorga in un ritornello di tutto rispetto. Ecco, da queste due canzoni si riesce facilmente a desumere come il menù offerto dagli After Lapse sia prelibato e anche raffinato. Parliamo di musicisti, del resto, abilissimi e dotati di una tecnica non comune. L’opener “The Shadow People”, introdotta da un vago gioco di tastiere e di elettronica, si dipana attraverso dei riff portanti di chitarra a cui si deve adattare in maniera forte la voce di un Ruben Miranda capace di cantare qualsiasi cosa gli venga sottoposta dai suoi compagni di viaggio. Con “Wounds Of The Past”, sembra all’inizio di ascoltare gli ultimi Alter Bridge con tanto di chitarre di stampo “tremontiano”. In realtà, poi, ci si accosta a dei territori che ci riportano a qualcosa dei Tool, prima di sfociare in un altro ritornello alla Dream Theater. In breve, c’è molta derivazione nella loro proposta, ma almeno abbiamo delle canzoni che si fanno apprezzare e che hanno la forza di rimanere in piedi da sole. Tra una “Dying Star” di chiara matrice prog metal e una “Walking By The Wire” che ha un intro in puro stile “No Quarter” e che vira verso territori più malleabili da un punto di vista commerciale si conclude un album che ha nella strumentale e delicata “Temperance” una delle sue gemme. In conclusione, pur non inventando nulla, i nostri cugini After Lapse si fanno ascoltare con piacere, confermando quanto di buono si è sempre scritto e detto su di loro.