Se qualcuno ci avesse detto che Umberto Maria Giardini avrebbe registrato un disco di puro stampo grunge / alternative non ci avremmo mai creduto. Invece, a volte, la realtà supera di gran lunga la fantasia ed ecco che si tramuta dinnanzi ai nostri occhi l’esordio, a mezzo EP, dei Selva Oscura, band capitanata proprio da quello che una volta tutti conoscevamo con il nome d’arte Moltheni. Le cinque canzoni presenti in questo lavoro sono decisamente al fulmicotone, a partire dall’opener “Mercurio”, una vera e propria botta sui denti che prende a piene mani dagli ultimi Soundgarden (quelli di “King Animal” tanto per capirci). La voce di Giardini si sposa benissimo con il muro di chitarre creato dal suo gruppo, facendoci piombare, come all’improvviso, nei primissimi anni novanta. Il sound rimane sempre cattivo, con cenni agli Screaming Trees che ritroviamo in “Ipernotte” sino a “Oceano di Nessuno”, dove ancora una volta il binomio Seattle / Black Sabbath viene citato in modo incontrovertibile. La canzone, probabilmente, più particolare è la conclusiva “Thai”, un vero e proprio viaggio lisergico che ci riporta ai Truly, altro gruppo seminale della città del grunge, che, purtroppo, non ha mai conosciuto il grande successo planetario che, invece, hanno raccolto altre formazioni note in tutto il mondo e che è inutile citare nella nostra recensione. Per chi ama quel tipo di sound, per chi è cresciuto a pane e Black Sabbath, per chi ha avuto un debole per i Blue Cheer ed i Cream, questo disco è una vera e propria manna dal cielo. Non sappiamo se queste cinque canzoni saranno un unicum o l’inizio di un vero e proprio nuovo percorso della carriera di Giardini. Quello che possiamo dire è che i Selva Oscura sono davvero una bomba pronta ad esplodere.