Con soli due album e un EP all’attivo i Dirty Honey provano ad anticipare i tempi classici per far uscire un disco dal vivo e mettono, pertanto, sul mercato un live portentoso che descrive la loro ultima tournee spesa negli ultimi due anni tra i palchi di mezzo mondo. Sulla forza e bravura di questa band si è scritto e si è detto, praticamente, tutto. I losangelini sono tra le entità migliori che il rock ha prodotto in questi ultimi venti anni, sospesi tra sonorità che riecheggiano quelle dei Led Zeppelin, degli Stones e degli Aerosmith. In più hanno la capacità di scrivere canzoni con la C maiuscola e tutto questo non guasta per capire quanto siano gradevoli e speciali. Dal vivo, poi, dimostrano una capacità tecnica invidiabile, degna dei maestri sopracitati e questo rende i propri show incendiari e dinamitardi. Ed allora, se qualcuno conosce a menadito la discografia dei Dirty Honey, si renderà conto che brani come “Won’t Take Me Alive”, “Heartbraker”, “Can’t Find The Brakes” e “Another Last Time”, tanto per prendere alcuni titoli a caso, acquistino ancora più lucentezza e bellezza. La prova strepitosa di un cantante bravissimo come Marc LaBelle è un altro punto di forza della band, perché la sua voce è bellissima e ha una timbrica degna (non stiamo esagerando) di miti come Plant e Paul Rodgers. Inoltre, non va dimenticato l’estro di un chitarrista come John Notto in grado di tirare fuori riff pazzeschi e avvincenti che sono alla base di ogni loro canzone. Insomma, in un mondo che paga pegno al classic rock con cui la gran parte di noi è cresciuta, i Dirty Honey fanno capire che sono, letteralmente, di un altro pianeta. Potrebbero ricordare per attitudine i primissimi Black Crowes, ma, poi, alla fine è ingiusto fare paragoni con questo o quell’artista. Gli americani brillano di propria luce e non hanno bisogno di accostamenti. Risultano micidiali in senso positivo, sia in sede di songwriting che sotto il profilo dell’attitudine live e questo basta e avanza per farceli amare senza limiti.