Non avrei scommesso nemmeno due soldi sulla consistenza del ritorno discografico degli inglesi dopo il cambio di frontman ed invece sono stato smentito clamorosamente. Non solo 'The Power Within' è un disco che non ha nulla da invidiare ai suoi predecessori e contiene almeno quattro-cinque pezzi in grado di diventare presto dei classici dal vivo della band ma alcune caratteristiche pregnanti del songwriting sono mutate producendo sorprese notevoli. Prima di tutto Mark Hudson al posto di ZP Theart. Scelta eccellente soprattutto perché il ragazzo non ha nulla da perdere e sta dando il centoventi per cento tutte le sere in tour. Il suo talento è palese e se non subirà troppe pressioni gli appassionati di power metal non avranno di che lamentarsi. Un po' per assecondare le sue caratteristiche ed un po' per controbattere a qualche critica di troppo ricevuta in occasione della release di 'Ultra Beatdown' il sestetto ha accorciato la durata media dei brani puntando molto di più sulle dinamiche. Il rischio di diventare schiavi del clichè di Guitar Hero appare quindi per il momento scongiurato e Herman Li ha la possibilità di distinguersi non solo per la sua straordinaria tecnica ma anche per un feeling espressivo di gran lunga maggiore rispetto ad un tempo. 'Holding On' è il pezzo che ci fa apprezzare fin da subito lo spettro vocale del nuovo cantante ma sono 'Fallen World' e 'Cry Thunder' a farci saltare sulla sedia dubitando sul fatto che l'intera scena abbia pubblicato qualcosa di meglio negli ultimi anni. Le due versioni di 'Seasons' mi hanno fatto tornare indietro nel tempo quando gli Stratovarius erano ancora un gruppo per cui valeva la pena spendere del tempo mentre 'Give Me The Night' e 'Last Man Stands' sono illuminate dall'estro pazzoide di Vadym Pru?anov. Delle backing vocals si sono occupati anche Emily Ovenden e Clive Nolan con il risultato che ogni coro arriva sempre al punto senza apparire eccessivamente pomposo o forzato. Il resto della formula lo conoscete e non rimarrete affatto delusi.