Fin dai primi mesi di promozione di quest’album è apparso chiaro che l’intento degli australiani fosse quello di ottenere la definitiva consacrazione lontano dai propri confini. Per farlo hanno confezionato l’album più completo e vario della loro carriera puntando su video shockanti, titoli allusivi ed una produzione che non ha nulla da invidiare a quella di tanti colleghi che dominano le classifiche di settore. I primi secondi di ‘Absolute Genocide’ servono per ambientarsi in una serie di atmosfere truci, cupe, tipiche di quelle serie televisive dove l’omicida seriale può colpire in qualunque momento, con CJ McMahon abile a dominare la scena con il suo growl ferale. Come accaduto nel caso degli Aversion Crown il deathcore dei Thy Art Is Murder ha il pregio di distinguersi da quello stantio statunitense e pezzi come ‘Light Bearer’, ‘Coffin Dragger’ e ‘Violent Reckoning’ danno l’impressione di potere crescere a dismisura dal vivo. Personalmente trovo che ‘Holy War’ e ‘Child Of Sorrow’ rappresentino le due facce dell’opera ed in generale del suono della band. Da una parte l’immediatezza, la violenza tout court, il sapere trasmettere dolore in quantità. Dall’altra un approccio più riflessivo e sperimentale ma non per questo meno efficace. Aggiungete qualche referenza importante come Carcass (‘Deliver Us To Evil’), Behemoth e Parkway Drive (Winston Mc Call appare non certo casualmente nella quarta traccia) ed il gioco è fatto per la felicità di chi sarà chiamato ad organizzare i loro prossimi tour.