Le vicissitudini giudiziare di Randy Blythe, di cui leggeremo presto nella sua biografia, e la conseguente pausa forzata hanno permesso ai Lamb Of God di accumulare tanta di quella tensione da potere competere con le band più estreme del pianeta. Il successore di ‘Revelation’ è infatti un album che colpisce a freddo, non concede all’ascoltatore nemmeno il tempo di scaldarsi e lo ferisce a più riprese utilizzando chitarre e batteria come armi improprie. La compattezza di ‘VII: Sturm Und Drang’ è straordinaria e in pochi minuti la concorrenza in ambito metalcore o semplicemente metal viene debellata. L’unica nota negativa, o comunque di riflessione, è legata al fatto che i pezzi con Chino Moreno dei Deftones, la fantastica ‘Embers’, e con Greg Puciato di The Dillinger Escape Plan e Killer Be Killed, la tormentata ‘Torches’, si rivelano i più efficaci di tutta la scaletta. Forse spinto dal desiderio di regalare all’album un impatto clamoroso il quintetto ha perso un po’ di vista il lato melodico che in passato ha svolto un ruolo importante nell’economia globale del suono della band. Alcuni pezzi li avrete già consumati perché anticipati in rete. Mi riferisco alle feroci ‘Erase This’, ‘512’ e ‘Anthropoid’ che impiegheranno meno di niente a diventare dei classici dal vivo. Eccezionale anche il suono di chitarra che Willie Adler e Mark Morton sono riusciti a tirare fuori insieme a Josh Wilbur. Resta da vedere se anche dal vivo i Lamb Of God sapranno confermarsi ai livelli di un tempo. Di sicuro il rancore serbato nel periodo più difficile non verrà sprecato.