Un passo indietro per la storica formazione originaria di Birmingham che stavolta non riesce a ripetersi ai livelli qualitativi abituali. Il successore di 'Escape From The Shadow Garden' si dimostra fin dai primi minuti uno studio album più rock e dinamico di quanto ci si sarebbe forse potuti attendere ma purtroppo si avvale di ritornelli e melodie poco accattivanti evidenziando un rapporto un po' freddo tra Tony Clarkin e Bob Catley. Quest'ultimo rimane uno dei cantanti più dotati della sua generazione e ancora oggi – vedete quello che ha saputo donare alla rock opera di Tobias Sammet – può permettersi di guardare dall'alto verso il basso diversi colleghi più giovani e fin troppo celebrati dalla stampa specializzata. In 'Sacred Blood “Divine” Lies' però raramente la sua voce spicca come dovrebbe a dispetto invece di intrecci fluidi e funzionali tra le parti di chitarra del mastermind e le tastiere di Mark Stanway. Dopo un'attenta analisi oltre all'artwork di Rodney Matthews ed alle discrete 'Crazy Old Mothers' e 'A Forgotten Conversation' non rimane molto altro ma alla fine sono certo che gli appassionati di hard rock britannico se ne faranno una ragione e perdoneranno quello che è un semplice errore di gioventù.