Fissando la copertina di 'Opera Oblivia' sembrerebbe di essere al cospetto di qualcosa dei Ghost o comunque di doom o legato all'occultismo. In realtà gli australiani si spostano agilmente da un post hardcore adatto alle classifiche ad un alternative rock che non suona mai stantio o scontato. Al contrario ogni episodio dell'album possiede una propria identità e si distingue per freschezza e grande tecnica. Pensare che in giro ci sono decine di musicisti che, nascondendosi dietro all'algida della trasgressione o della ribellione, non sanno nemmeno accordare i propri strumenti. Gli Hellions invece sanno il fatto loro, non sono mai banali e partono alla carica con 'Thresher' (molto System Of A Down..) e 'Nightline Rhapsody' che sfruttano al massimo la duttilità di Dre Faivre, frontman in grado di saltare dal rap al melodico con grande naturalezza. La struttura ad opera rock dell'album potrebbe ricordare anche i My Chemical Romance mentre il richiamo della sequenza di accordi del Canone in Re di Pachelbel farà felici gli appassionati di musica sacra e arte organaria. Nel complesso 'Opera Oblivia', registrato in Thailandia non chiedetemi il motivo, riesce a mantenere elevato il grado di attenzione per tutta la sua durata ed è costituito da diversi crescendo, per esempio la specie di suite che introduce 'Bad Way', sicuramente godibili. Da segnalare la presenza di Jon Deiley dei Northlane e da non perdere l’edizione limitata in doppio cd con la riproposizione di ‘Indian Summer’.